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Europa, dal Robot al Sarchiapone

Il futuro dell’Europa è misterioso


Stavolta abbiamo fatto lo stesso. Pensando di fare bene, a maggio di quest'anno, sgomenta per l'impatto devastante sul nostro debito pubblico degli interventi di spesa necessari per affrontare le conseguenze della crisi sanitaria, l'Italia si è messa alla testa di un drappello di Paesi chiedendo un intervento straordinario dell'Unione, con la emissione di un debito comune: questo per evitare che uno shock simmetrico determinasse a nostro danno conseguenze ingiustificate in termini di maggior costo del debito. Una lettera in tal senso al Presidente del Consiglio europeo Michel fu sottoscritta, soprattutto per iniziativa dell'Italia, dai leader di ben 16 Paesi.

Ce ne facemmo un vanto, allora, di avere rimesso sul tappeto la questione degli Eurobond.

Nelle trattative che ne seguirono, si sono innestate dinamiche estremamente diverse: a Bruxelles hanno subito strumentalizzato questa iniziativa per cercare di spostare il baricentro delle sovranità statali verso l'Unione. In pratica, mentre con una mano si sospende il Fiscal Compact per via delle condizioni macroeconomiche particolarmente avverse, con l'altra si predispone un Programma straordinario il NGUE che dura sette anni, che si compone di una parte di nuove risorse proprie europee finalizzate alla erogazione agli Stati sia di "grant" (somme a fondo perduto) ai diversi Stati, calibrati in funzione della differente gravità della crisi in corso e della situazione debitoria preesistente, sia di prestiti. Sono somme da restituire all'Unione, che si finanzia direttamente sul mercato ad ottime condizioni, avendo ricevuto a tal fine la garanzia di tutti gli Stati.

Siamo di fronte al primo ostacolo: gli Stati devono preparare i propri bilanci per il 2021 senza sapere esattamente che fine farà il NGUE, visto che non è stato ancora approvato. Gli Stati possono contare solo sullo schema concordato a luglio scorso tra Consiglio e Commissione, che però non è stato né approvato dal Parlamento europeo né dai singoli Stati. Ed è un pasticcio, visto che nel 2021 dovrebbe essere erogato a ciascuno Stato il 10% dell'ammontare dei "grant" complessivamente assegnati. Rischiamo dunque di spendere risorse che forse arriveranno più tardi e che comunque devono essere finanziate dagli Stati aumentando complessivamente le risorse proprie dell'Unione. Nessuno sa di preciso quanto questo "grant" costerà all'Italia.

Come se non bastasse, c'è un paradosso: nel momento in cui la Unione si presenta sul mercato dei capitali, potendo vantare un rating di AAA, spiazza le emissioni degli Stati come l'Italia che ne hanno uno inferiore. E' già successo con l'emissione dei prestiti volti a finanziare il SURE: preferendo i titoli europei a quelli italiani, lo spread si è alzato a nostro danno. Praticamente, l'Italia si è creata un concorrente che ci spiazza.
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