Il processo politico è stato deciso con l'Accordo di Parigi, e ci sono anche le iniziative dell'ONU che vuole fissare delle tappe precise per ciascun Paese, con impegni verificabili circa le date e le quantità di emissioni di CO2.
L'Unione europea si è data come obiettivo intermedio il 2030, per ridurre del 55% le emissioni. Si prevedono impegni finanziari pubblici molto consistenti per questa transizione energetica, necessaria per ridurre i rischi della emergenza climatica: si tratta del NGUE e dei PNRR a livello di singoli Stati.
Tutti i prezzi dei combustibili fossili stanno schizzando verso l'alto, a livello siderale, nessuno escluso.E questa dinamica mette in difficoltà i governi che vogliono proteggere in qualche modo i consumatori e le imprese dagli effetti negativi che determinano sui redditi disponibili e sui costi di produzione.
Per i consumatori è un salasso, per le imprese un problema di margini di profitto che vengono ridotti se non si riesce a scaricare il maggior costo dell'energia sui prezzi.
Anche
le banche centrali sono preoccupate per l'effetto inflazionistico che si determina: hanno il terrore di intervenire con una politica monetaria restrittiva, aumentando i tassi di interesse e riducendo la liquidità, perché si schianterebbe la ripresa economica in atto. I debiti pubblici, se i tassi dovessero salire, diverrebbero ingestibili e molte imprese fallirebbero: sarebbe una catastrofe. Si trincerano dichiarando che si tratta di un fenomeno transitorio.
In realtà
le borse hanno già cominciato a risentire di questo clima nuovo, ed i tassi di interesse sui titoli americani a trent'anni sono già saliti: chi li ha in portafoglio li vende per tenersi liquido, per poter acquistare quelli che saranno emessi a tassi più elevati.
"