C'è un rischio sistemico incombente:
La
debolezza della crescita economica che è stata indotta dall'aumento dei tassi; l'aumento del costo del debito che ne deriva per tutti i debitori a tasso variabile e soprattutto per gli Stati al momento del rinnovo dei titoli in scadenza; e la minore liquidità disponibile per le nuove emissioni ed i rinnovi dei finanziamenti a termine, creano una condizione di crisi potenziale in cui nessuno può più intervenire: né le Banche centrali, né gli Stati.
Il guaio vero è che ormai
gli Stati non fanno più gli investimenti infrastrutturali che migliorano la produttività generale,
né finanziano più i consumi collettivi nel campo della previdenza, della sanità e della istruzione che assicurano la stabilità sociale.
Con la scusa della transizione ambientale e della digitalizzazione, gli Stati si indebitano per erogare i fondi che servono a poche grandi imprese per fare enormi profitti: tanta spesa, nessuna occupazione aggiuntiva, Questa è l'antitesi del keynesismo.
Le crisi sistemiche sono il frutto delle politiche monetariste In lode del Keynesismo, quello vero
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