I colpi di Stato portati dai militari si susseguono: dalla Guinea al Mali, dal Burkina Faso al Niger, fino al Gabon che è stato anch'esso appena sospeso dalla Unione Africana che già aveva adottato la medesima sanzione nei confronti degli altri appena citati.
Notizie incontrollate e poi smentite avevano segnalato lo scorso lunedì 18 settembre che un evento simile si era verificato in
Congo: il Presidente in carica sarebbe stato destituito approfittando della sua assenza dal Paese, essendosi recato a New York per partecipare alla riunione dell'Assemblea generale dell'ONU.
Sembra che
nella fascia centro-orientale dell'Africa ci sia una faglia di instabilità crescente, dovuta ad un insieme di fattori assai simili tra loro: il disagio sociale crescente, derivante dalla povertà endemica, non viene più controllato dal sistema politico che si appoggia ai militari.
Neppure nelle città, dove pure la presenza del sistema pubblico amministrativo è più evidente, si riesce a mantenere un adeguato livello di accettazione della situazione:
nel mirino c'è la corruzione sistemica, intesa non solo come traffico illecito di denaro ma come svendita delle ricchezze ad interessi stranieri attraverso strumenti legali.
La sensazione che si è diffusa tra la popolazione è che le leggi e le decisioni attraverso cui si procede alle varie concessioni di estrazione dei minerali di cui sono ricchissimi questi territori, sembrerebbero scritte a vantaggio esclusivo delle compagnie straniere. A questo si aggiunge il fatto che il
minerale grezzo ha sempre un valore commerciale assai limitato, coprendo il costo di estrazione, e che
esportarlo così priva il Paese dei più alti prezzi a cui verrebbe venduto se fosse stato raffinato: i mancati investimenti creano le condizioni per il mancato sviluppo industriale ed economico.
"