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Debito pubblico, 40 anni di inutile agonia

Dal 1992, regole europee incompatibili con la situazione dell'Italia

Bisogna porre termine all'agonia cominciata con il Trattato di Maastricht: non solo va abbattuto il divieto di finanziamento degli Stati da parte della Bce, ma andrebbe stabilito, al contrario, l'obbligo di sottoscrivere tutto il nuovo debito che viene emesso solo per pagare gli interessi.

In Italia, dal prossimo anno, la finanza pubblica ricomincerà a drenare risorse dall'economia reale per destinarle alla rendita finanziaria. Bastano due soli dati: mentre le imposte in conto capitale ammonteranno ad appena 1,5 miliardo e 551 milioni di euro, le spese per interessi sul debito pubblico arriveranno ad 89 miliardi.

Le previsioni di crescita del Pil si riducono così al lumicino, ben che vada all'1% in termini reali: il nuovo deficit, di 77 miliardi di euro, non basterà dunque neppure a coprire l'onere complessivo degli interessi.

Nella Nadef, la Nota di Aggiornamento al Documento di Economia e Finanza, si prevede infatti di ritornare al saldo primario attivo, per 12,2 miliardi di euro, una somma pari allo 0,6% del Pil. Questa è la quota delle entrate che sarà destinata, insieme a tutto il deficit, a finanziare la spesa per interessi che crescerà continuamente per via del rifinanziamento del debito in scadenza ai tassi più elevati decisi dalla Bce.

Basta guardare un po' all'indietro per capire che il nodo sta tutto qui: nel 2022, per esempio, il deficit monstre di 156 miliardi non solo finanziò completamente la spesa per interessi che fu di 82 miliardi, ma ne rimasero altri 74 miliardi per coprire un po' più della metà delle spese in conto capitale che furono di 150 miliardi. La ripresa dell'economia dopo la crisi pandemica fu sostenuta dalla spesa pubblica finanziata in deficit.
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