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“No Fed up”, la verità vera del mancato aumento dei tassi

Economia
“No Fed up”, la verità vera del mancato aumento dei tassi
(Teleborsa) - In Cina e in altre parti del mondo, quello dei mercati emergenti, c’è sollievo per il “No Fed up”, cioè il mancato aumento dei tassi da parte della Fed. Perché quando la Banca Centrale americana stringe, aumentando i tassi, il debito per gran parte del pianeta diventa più costoso, tale è la massiccia quantità di finanziamenti in dollari dentro e fuori degli Stati Uniti. Analisi più recenti ne stimano poco meno di 10.000 miliardi di dollari.

Janet Yellen e i suoi colleghi hanno giustificato il nulla di fatto alle condizioni economiche interne, come il PIL rivisto al ribasso per il 2016, stabilizzazione del mercato del lavoro e inflazione ancora troppo bassa. In realtà le preoccupazioni principali per i governatori della Fed, o almeno una gran parte di loro, riguardano la contrazione della crescita cinese e la speculazione di borsa.

Il presidente della Fed è stato esplicito. I tassi non sarebbero aumentati per le preoccupazioni sulla fragilità economica fuori dagli Stati Uniti e in particolare sulla difficoltà cinese che sta agendo come freno alla crescita delle economie emergenti in generale, puntualizzando una situazione sostanzialmente preoccupante per i produttori di materie prime dipendenti dalla domanda cinese.

Per quanto riguarda invece la speculazione dei mercati finanziari, la caduta dei corsi azionari, a causa delle prospettive economiche depresse e il rialzo del dollaro, che da un anno a questa parte è aumentato del 15%, per il semplice spostamento dei capitali dagli Stati Uniti, avrebbero già inasprito le condizioni monetarie in America.

La riduzione del tasso di crescita della Cina, dal 10% al nemmeno tanto fondato 7%, secondo i numerosi modelli econometrici predisposti dalla Fed, avrebbe reso gli investitori americani più poveri e creato delle difficoltà in più gli esportatori americani.

La Yellen avrebbe quindi valutato l’indiretta stretta cinese, come equivalente all'impatto di un aumento dei tassi USA pari allo 0,25%.

Tutto perfetto, quindi, resta solo da convincere i mercati che questa sia la giusta soluzione, perché ancora convinti non sono.

Il nodo da sciogliere è ancora la reale portata del rallentamento della crescita cinese che, data al 7% per il 2015, potrebbe anche subire drastiche riduzione in ottica di medio termine.

Da qui parte il nervosismo dei mercati, che non smettono di considerare la spettacolare bolla del debito globale, pompato dal 2008 a tassi ridicoli e che rischia di essere deflazionato al costo di un botto altrettanto spettacolare.
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