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Asset finanziari in calo nel 2018

Per la prima volta nei Paesi industrializzati e nelle economie emergenti cala la ricchezza finanziaria dei privati: - 4,8% in Italia

Economia
Asset finanziari in calo nel 2018
(Teleborsa) - Il 2018 segna il triste primato del primo calo degli asset finanziari nei Paesi industrializzati e nelle economie emergenti, cosa che non era accaduta neanche al culmine della crisi finanziaria nel 2008.



È quanto emerge dalla decima edizione del Global Wealth Report di Allianz, il rapporto globale sulla ricchezza finanziaria dei privati, che mette sotto la lente asset e indebitamento delle famiglie in più di 50 paesi nel mondo.

Nel dettaglio, gli asset finanziari lordi globali sono diminuiti dello 0,1%, rimanendo pressoché invariati a 172,5 trilioni di euro. In Italia hanno registrato una flessione del 4,8%, il primo calo dal 2011, che porta il nostro Paese a essere 17esimo nel ranking mondiale.

In calo anche la Francia (-0,8%), la Spagna (-1,6%) e la Grecia (-7,2% ); in positivo la Gran Bretagna (1,0%), la Germania (2,2%) e la Norvegia (2,8%).

Le cause del calo, secondo il report, sono diverse, a partire dall'escalation del conflitto commerciale tra Stati Uniti e Cina, la Brexit e le crescenti tensioni geopolitiche. Ci sono però anche l'inasprimento delle condizioni monetarie e l'annunciata normalizzazione delle politiche monetarie che hanno portato i mercati azionari a reagire di conseguenza: le quotazioni azionarie globali sono scese del 12% circa nel 2018, portando un impatto diretto sulla crescita degli asset finanziari delle famiglie.

I nuovi risparmi hanno segnato un nuovo record, aumentando del 22% e raggiungendo oltre 2.700 miliardi di euro. L'aumento del flusso di fondi, tuttavia, è stato trainato esclusivamente dalle famiglie statunitensi, che - grazie alla riforma fiscale attuata negli Usa - hanno aumentato i loro nuovi risparmi di ben il 46%; i due terzi di tutti i risparmi nei paesi industrializzati hanno quindi origine negli Stati Uniti.

Il report sui nuovi risparmi nel 2018 rivela che i risparmiatori sembrano aver voltato le spalle alle asset class di tipo assicurativo e pensionistico, la cui quota sul totale dei nuovi risparmi è scesa nel 2018 ad appena il 25% a fronte di un livello superiore al 50% prima e immediatamente dopo la crisi.

E mentre le famiglie statunitensi hanno aumentato la loro domanda di titoli, in tutti gli altri paesi le famiglie hanno preferito i depositi bancari (e venduto titoli). Nell'Europa occidentale, ad esempio, due terzi dei nuovi risparmi sono finiti nelle casse delle banche; in tutto il mondo, i depositi bancari sono rimasti la destinazione preferita per i nuovi risparmi, per l'ottavo anno consecutivo. Questa propensione a mantenere le attività liquide e presumibilmente sicure costa però cara ai risparmiatori: le perdite subite dalle famiglie a causa dell'inflazione dovrebbero salire a quasi 600 miliardi di euro nel 2018.

Per quanto riguarda l'Italia, gli asset finanziari netti sono diminuiti del 6,5% nel 2018, il calo maggiore dall'inizio della crisi finanziaria. Con asset finanziari netti pro-capite pari a 53.140 euro, l'Italia è scivolata di un gradino al 17esimo posto nella classifica dei paesi più ricchi, un gradino al di sopra della Germania (18esima). Al vertice, gli Stati Uniti hanno nuovamente sostituito la Svizzera, non da ultimo grazie al dollaro forte.

In forte calo altri paesi dell'Eurozona quali la Grecia (-10 posizioni), la Francia (-5) e il Belgio (-4) che sono peggiorati dall'inizio del secolo. I vincitori, all'opposto, comprendono prima di tutto Singapore (+13 posti in classifica) e Taiwan (+10), nonché la Svezia (+6), l'Australia e la Corea del Sud (+5).

Per la prima volta in oltre un decennio, a livello globale la classe media di ricchezza non è cresciuta: alla fine del 2018, circa 1.040 milioni di persone appartenevano a questa categoria, più' o meno lo stesso numero di persone di un anno prima. Considerando le risorse in calo in Cina, non è sorprendente perché, sinora, l'emergere della nuova classe media globale era principalmente un fenomeno cinese: quasi la metà di loro parla cinese, così come il 25% della classe superiore per ricchezza.
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