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Libia, Federpetroli: "Guerra per giacimenti. Tentativo di destabilizzare Italia"

La denuncia arriva dal Presidente dell'associazione dei petrolieri Michele Marsiglia che chiarisce: "ENI non si tocca”.

Economia, Finanza
Libia, Federpetroli: "Guerra per giacimenti. Tentativo di destabilizzare Italia"
(Teleborsa) - Federpetroli commenta la situazione di crisi in Libia e soprattutto le tensioni venutesi a creare con il coinvolgimento di Turchia e Russia nelle questioni politiche interne del Paese mediorientale e nel conflitto fra il Governo di al-Sarraj e l'esercito di Haftar.



"E' una guerra per i giacimenti petroliferi in più regioni del Medio Oriente che oggi, rispetto a 20 anni fa, producono milioni e milioni di barili di petrolio", denuncia il presidente di FederPetroli Italia, Michele Marsiglia, aggiungendo "sino a poco tempo fa non interessava a nessuno il territorio libico, ma adesso la Regione è diventata terra di conquista".

"L’obiettivo di altre nazioni - sottolinea - è solo ed esclusivamente l’entrata nei processi di gestione dei giacimenti petroliferi e le enormi riserve di olio e gas ancora da sfruttare nel centro-sud del paese. Il tentativo di destabilizzare l’Italia è evidente, ma ENI non si tocca”.

"Dagli anni ’50 che lavoriamo con la Libia e le aziende contrattiste sono impegnate in appalti che ad oggi risultano ancora non pagati", spiega il Presidente di Federpetroli, aggiungendo che "ENI in Libia è un cavallo di battaglia per l’industria petrolifera internazionale" e che "è stato servito un piatto d’argento a terzi per arrivare alla National Oil Corporation (NOC), azienda energetica di Stato libica”.

Il presidente di FederPetroli Italia interviene anche sulla questione Iran, affermando che "le ripercussioni ci saranno a breve in tutto il Medio Oriente" e ricordando che "anche lì l’Italia, attraverso ENI, detiene in Iraq uno dei più grandi giacimenti al Mondo chiamato Zubair". "Il problema - afferma - verte sulla futura disponibilità di greggio, che in poche settimane potrebbe ridursi drasticamente con la chiusura di alcune rotte navali nei pressi dei centri nevralgici petroliferi mediorientali e su tratte dello scacchiere energetico internazionale, come Hormuz".

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