(Teleborsa) - La
pandemia rischia di fare un involontario assist
all’economia criminale che ha già fiutato il
grande affare, sempre in agguato quando si tratta di trarre
vantaggio da una situazione di
particolare criticità, infilandosi nelle
pieghe di quel disagio adattandosi subito alle
"nuove" esigenze di mercato e anzi persino definendole.
Se le misure erogate dallo Stato hanno permesso a
42mila imprese di fronteggiare una crisi di liquidità, ce ne sono altre
centomila ancora in difficoltà per colpa del
Covid-19. Quello che emerge da una nota della Banca d’Italia del 13 novembre scorso è uno di quegli scenari che preoccupa non soltanto per le conseguenze sociali ed economiche, ma anche per le prospettive criminali:
quante di queste aziende finiranno nella morsa della criminalità organizzata? Proprio su questo rischio fa il punto il dossier L
a tempesta perfetta - Le mani della criminalità organizzata sulla pandemia, preparato da
Libera in collaborazione con
Lavialibera sulla base di documenti ufficiali.
Dai dati raccolti emerge che
nei primi dieci mesi del 2020 sono nate
55mila imprese in meno dell'anno precedente, mentre sono state aperte più imprese che svolgono attività finanziaria e assicurativa, tra le quali le agenzie di prestito su pegno e quelle che si occupano di prestiti personali al di fuori del
sistema bancario. Allo stesso tempo sono aumentate le i
nterdittive antimafia, cioè quei provvedimenti che impediscono ad alcune società di operare nel settore pubblico perché sospettate di aver legami con la criminalità organizzata. Nei primi nove mesi dell’anno si viaggia alla media di sei interdittive al giorno. Il ministero dell’Interno ne registra 1.637 (nello stesso periodo del 2019 erano state 1540) con un
incremento del
6,2 per cento.