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Vino, metà dell'export italiano nella fascia di prezzo "popular"

E' quanto emerge da uno studio dell'Osservatorio di Unione italiana vini (Uiv) realizzato in collaborazione con Vinitaly

Economia
Vino, metà dell'export italiano nella fascia di prezzo "popular"
(Teleborsa) - Il vino italiano, pur di ottima qualità, viene venduto a basso prezzo sui mercati esteri, sicuramente al di sotto dei vini francesi, neozelandesi ed australiani, ma anche della media mondiale. E' quanto emerge da Vinitaly Special edition, uno studio dell'Osservatorio di Unione italiana vini (Uiv) realizzato in collaborazione con Vinitaly.

Dall'analisi risulta che solo il 5% delle bottiglie di vino esportate esce dalle cantine a più di 9 euro al litro, mentre il 75% non supera la soglia dei 6 euro. Complessivamente, è il segmento popular (3-6 euro/litro) a essere il più presidiato dal vino tricolore nel mondo con quasi la metà dei volumi, seguito dal basic (fino a 3 euro) con il 28%, dal premuim (6-9 euro) con il 20% e dal superpremium (oltre i 9 euro). Fanno eccezione alcuni rissi toscani e piemontesi.

“La crescita del valore negli ultimi anni è stata più rilevante rispetto a quella degli altri Paesi produttori, ma siamo a metà del guado e i margini potenziali sono notevoli, considerata la qualità del prodotto", afferma il segretario generale di Uiv, Paolo Castelletti, secondo cui "serve un cambio di passo sul fronte del posizionamento del brand e dell’identità del nostro vino".

Per il direttore generale di Veronafiere Giovanni Mantovani "la sfida del vino tricolore si gioca su analisi, strategie, promozione, identità, relazioni on e off line".

Guardando più nello specifico allo studio emerge che, negli Stati Uniti, solo il 26% dei nostri vini è in fascia premium (dai 6 ai 9 euro/litro) o superpremium (da 9 euro e oltre): poco più della metà rispetto ai neozelandesi, che sommano sui segmenti di alta fascia il 46% e ancora meno sulla Francia che domina con il 66% di premium o superpremium.

Una situazione analoga in Cina, dove superiamo Spagna e Cile con il 21% di prodotto è quotato oltre i 6 euro/litro, ma rimaniamo lontani da Francia (38%) e soprattutto Australia 76%. Tutto ciò, nonostante il posizionamento dei rossi toscani che nel segmento premium vedono l’80% delle proprie vendite contro il 78% dei vini bordolesi e il 71% degli australiani.

Tra gli altri grandi mercati, prezzi medio-bassi anche per gli ordini da Uk e Germania, dove 8 bottiglie su 10 appartengono ai segmenti basic o popular, mentre in Canada le fasce più ambite sono appannaggio di vini statunitensi e francesi. Va meglio in Giappone, con il Belpaese secondo solo alla Francia. Secondo l’analisi dell’Osservatorio, è necessario fare tesoro sui casi di alto posizionamento di alcune denominazioni piemontesi e toscane, un modello replicabile per molte altre doc che ambiscono al segmento premium.

Diversa la situazione dello spumante italiano. Grazie al Prosecco il valore delle bollicine italiane è quasi quadruplicato negli ultimi 10 anni, superando nel 2020 la soglia dei 4 milioni di ettolitri. Quello di occupare progressivamente la fascia mediana – sottolinea lo studio - è stato un grande merito della spumantistica nazionale, in quanto si è andati a creare un segmento di mercato prima inesistente. La sfida dei prossimi anni sarà quella di provare a occupare anche la fascia premium, quella compresa tra 7 e 10 euro: a livello mondiale, infatti, solo il 13% delle vendite è in questo segmento, dove sono presenti per lo più gli Champagne di "primo prezzo".
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