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Confindustria: nel 2023 "crescita piatta", stima PIL +0,4%

Economia
Confindustria: nel 2023 "crescita piatta", stima PIL +0,4%
(Teleborsa) - L'andamento del PIL italiano nel 2023 (+0,4%) si profila in forte rallentamento rispetto alla media 2022 (+3,7%), ma comunque più favorevole di quanto ipotizzabile fino a qualche mese fa quando si prevedeva una crescita zero. Un miglioramento che è esclusivamente legato alla migliore dinamica nella seconda metà del 2022. Infatti, escludendo il trascinamento, per quest'anno si conferma una crescita piatta. Invece, per il 2024 la crescita, grazie al rientro dell'inflazione, alla politica monetaria meno restrittiva e alla schiarita nel contesto internazionale si prevede in miglioramento, al +1,2% annuo. E' quanto si legge nel Rapporto di previsione di primavera del Centro studi di Confindustria "L'economia italiana tra rialzo dei tassi e inflazione alta".

La variazione acquisita per il 2023, ovvero quella che si avrebbe se i quattro trimestri registrassero una crescita nulla, è pari al +0,4%. Esattamente in linea con quella dell’Eurozona: quest’ultima è la risultante di un dato positivo della Spagna (+0,8%) e della Francia (+0,2%) e negativo per la Germania (-0,1%).

E' così grazie soprattutto all'ottima performance del 2° trimestre 2022 e alla buona tenuta osservata nel 3°, la crescita annua del PIL italiano nel 2022 non ha risentito in modo particolare della riduzione nel 4° trimestre (-0,1%), meno negativa del previsto, e trasmette all'anno appena iniziato una eredità positiva.

Quindi, il miglioramento dello scenario CSC per il 2023, rispetto a quello delineato a ottobre scorso, è esclusivamente legato alla migliore dinamica dell’economia nella seconda metà del 2022.

Il quadro delineato degli economisti del Centro Studi di Confindustria esclude nuovi significativi impatti economici della pandemia in Italia e nel mondo ed assume che le conseguenze economiche della guerra in Ucraina siano già scontate da famiglie, imprese e mercati finanziari. Avverte però che tra i rischi, oltre a quelli connessi alla corretta calibrazione della politica monetaria, c'è la possibilità di un aumento dell'instabilità finanziaria che può coinvolgere, come emerso di recente, la solidità delle banche a livello internazionale (dopo gli episodi in Usa e Svizzera) e i mercati immobiliari che potrebbero risentire più del previsto dell'aumento dei tassi, come ci ricorda la crisi dei mutui subprime del 2008.

L'Inflazione è alta ma in calo: la stima nelle "previsioni di primavera" di Confindustria è che scenda al +6,3% in media nel 2023 ed al +2,3% in media nel 2024. Con l'energia in calo e gli alimentari no.

In sintesi la crescita è in calo a inizio 2023 e poi ripartenza lenta. Il primo trimestre 2023 è visto ancora in contrazione, poco più ampia di quella di fine 2022. Nel secondo e terzo trimestre 2023 invece è probabile un rimbalzo statistico. A partire dal terzo trimestre, l'inflazione è attesa in calo - e nonostante il rialzo dei tassi - favorirebbe una dinamica positiva del PIL fino alla fine del 2024, con un profilo moderato ma superiore alla media storica pre-crisi grazie anche a investimenti e riforme del PNRR.

Tra i principali rischi dello scenario previsto restano la politica monetaria ma anche la dinamica dei prezzi al consumo. Sul delicato fronte dell'occupazione c'è un input di lavoro a ritmo smorzato, il dato statistico delle ULA, unità di lavoro equivalenti a tempo pieno, è atteso pari alla crescita economica nel 2023 (+0,4%) ed inferiore nel 2024 (+0,8%). Con il tasso di disoccupazione che nelle previsioni di Confindustria resta ancorato all'8% nel biennio. I salari reali sono visti in recupero dal 2024 mentre per i consumi resta una dinamica debole con una ripresa rinviata al 2023 anche per l'erosione dei redditi da parte dell'inflazione.

Nel 2023 è prevista anche una frenata degli investimenti che dovrebbero poi vedere una crescita più sostenuta nel 2024. Tiene l'industria italiana con attese sulla produzione favorevoli. Il Commercio estero è stimato in forte rallentamento nel 2023, con le esportazioni che rallenteranno bruscamente (al +1,6% dal +9,4% del 2022) le importazioni che assisteranno ad una frenata ancora più accentuata (al +1,9% dal +11,8%).
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