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Biodiesel di origine animale "insostenibile" per impiego nei trasporti

Economia, Sostenibilità
Biodiesel di origine animale "insostenibile" per impiego nei trasporti
(Teleborsa) - Il biodiesel ed i carburanti sostenibili per l'aviazione (Sustainable Aviation Fuels o SAF) sono una scelta "insostenibile" per alimentare il traporto su larga scala, che comprende aviazione, mezzi su strada e trasporto navale. E' quanto mette a nudo uno studio pubblicato da Transport & Environment (T&E).

Secondo il gruppo ecologista, infatti, non ci sarebbe una quantità sufficiente di grassi animali (animal fats) per alimentare l'industria dei biodiesel e, nello stesso tempo, sostenere le industrie concorrenti del pet food, della cosmetica e dei saponi.

"Per un volo da Parigi a New York potrebbero servire in futuro fino a 8.800 maiali morti", afferma T&E, ricordando che
l'uso di biodiesel a base di grassi animali è raddoppiato negli ultimi dieci anni e risulta è 40 volte superiore rispetto al 2006. Quasi la metà di tutti i grassi animali europei, attualmente, è destinata alla produzione di biodiesel, e da qui al 2030 il consumo di biocarburanti prodotti con questa materia prima potrebbe triplicare, innescando una forte competizione tra diversi settori.

C'è anche da tener conto che i grassi animali sono lo scarto di un’industria, quella della zootecnia intensiva, che a sua volta appare insostenibile in termini di emissioni di gas serra, e pertanto la sua produzione dovrebbe essere ridimensionata per proteggere il clima.

La carenza del mercato dei gassi animali difficilmente potrà essere colmata: se l’industria dei grassi animali, nel 2021, ha dichiarato di poter offrire al mercato poco meno di mezzo milione di tonnellate di grassi animali di tipo 1 e 2, gli Stati membri hanno invece riportato un impiego di queste materie di circa 1 milione di tonnellate. E l’Italia è particolarmente esposta perché impiega circa il 50% di tutto lo stock europeo di queste materie prime "di scarto" con circa 440.000 tonnellate raffinate nel solo 2021.

"Così come gli oli esausti da cucina, anche i grassi animali risultano essere potenzialmente fraudolenti", afferma Carlo Tritto, policy officer di T&E Italia, aggiungendo "impiegarle per la produzione di biocarburanti non è una soluzione scalabile né tanto meno sostenibile, in quanto spinge i settori concorrenti all’uso di feedstock alternativi e assolutamente negativi da un punto di vista ambientale e climatico, come ad esempio l’olio di palma".

"La strategia italiana di puntare sui biocarburanti come soluzione per la decarbonizzazione dei trasporti appare fallace. - aggiunge Tritto - Ci auguriamo che il Governo, specialmente nel contesto della revisione del PNIEC, non voglia avallare quelle che appaiono, a tutti gli effetti, frodi deliberate".

Per Tritto si rischia "l'ennesimo greenwashing legato ai biocarburanti". Il report di T&C, infatti, prevede che, nel peggiore degli scenari possibili in cui l'olio di palma vergine arrivi a sostituire i grassi animali nell'industria oleochimica (saponi, cosmetici), alle emissioni di CO2 dei biocarburanti a base di grassi animali andrebbero sommate quelle prodotte per incrementare la produzione di olio di palma: questo renderebbe la produzione di biocarburanti due volte più dannosa per il clima del diesel convenzionale.

Esiste poi il rischio di una frode potenziale, in quanto i grassi animali si dividono in tre categorie: le categorie 1 e 2 comprendono i grassi animali che non possono essere consumati dall'uomo o dagli animali, la categoria 3 è di qualità migliore, ma potrebbe essere arbitrariamente declassata per sfruttare gli incentivi legati ai biocarburanti ed introdotti dalla Direttiva europea sull’Energia Rinnovabile (RED).
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