(Teleborsa) - Tra i fiori all’occhiello nella programmazione culturale dei Castelli Romani spicca senza dubbio il
Festival Liszt di Albano Laziale, fondato dal clarinettista e musicologo
Maurizio D’Alessandro insieme all’
Associazione Amici della Musica "Cesare De Santis" nel 1986 per commemorare il legame storico tra lo straordinario talento ungherese e la città. Sotto la sua direzione artistica, la rassegna musicale è cresciuta fino a diventare uno degli appuntamenti più longevi e apprezzati in Italia e all’estero: di seguito l’intervista in cui D’Alessandro spiega come si è evoluta l’iniziativa in quasi
40 anni di storia all’interno di un territorio altrettanto ricco di storia e anch’esso in costante evoluzione.
Possiamo dire che il Festival Liszt di Albano Laziale abbia origine dal suo desiderio di recuperare e valorizzare la memoria storica della presenza di Liszt nella città? E può raccontarci come è nata l'idea del festival e quali sono state le principali sfide nell'organizzare le prime edizioni?Certamente alla base c’è stato il desiderio di dare memoria storica al rapporto che Franz Liszt ebbe con Albano Laziale già dal suo primo viaggio in Italia con la permanenza a Roma e appunto ad Albano nel 1839. Le rocambolesche vicende soprattutto sentimentali con il mancato matrimonio con la principessa Carolyne zu-Sayn Wittgenstein lo riportarono poi a Roma nel 1861 che divenne suo domicilio fino alla fine della sua vita. E proprio negli anni della sua maturità, il rapporto con Albano si intensifica fino ad essere nominato, successivamente alla presa degli ordini minori, canonico della chiesa Cattedrale di Albano. Tutti argomenti che sono stati approfonditi nel libro “Franz Liszt negli anni romani e nell’Albano dell’800” a cura dello scrivente divenuto un libro di riferimento proprio per il periodo romano di Liszt. L’idea è nata nel 1986 per il centenario della morte del pianista e compositore ungherese. Allora pensai invero soltanto al momento celebrativo, certo significativo perché avvenne con dei concerti presso Palazzo Lercari, sede vescovile e palazzo nel quale Liszt soggiorno più volte e dove suonò. Devo dire che allora di Liszt si conoscevano solo le composizioni più celebri, le rapsodie in primis. La sfida - se così si può dire - fu quella di presentare via via nei concerti repertori anche meno conosciuti, non solo di Liszt ma anche di altri compositori del periodo romantico in pieno afflato con la visione lisztiana, e direi anche idealistica, che aveva della musica. Liszt, infatti riteneva che la musica dovesse avere una funzione formativa e non solo di mera evasione.Nel corso degli anni - oramai siamo alla 37° edizione -la rassegna ha ospitato numerosi artisti di fama internazionale, stretto collaborazioni e partnership di tutto rilievo e ha ampliato il suo programma organizzando concerti in diverse location storiche dei Castelli Romani. Quali sono, secondo lei, i traguardi più significativi raggiunti dal festival fino ad oggi?Intanto essere giunti alle soglie del quarantennale del festival è un bel traguardo in un’epoca dove le distrazioni minano sempre di più i tempi dell’attesa che sottendono l’ascolto della musica. Se vogliamo parlare di traguardi, non si può non riconoscere che il festival ha creato un pubblico reso presto consapevole dell’importanza dei concerti grazie all’altissimo livello dei musicisti che vi hanno partecipato e vi partecipano. Le persone attendono ormai il festival come un appuntamento fisso per l’articolazione dei programmi dei quali vengono resi edotti con efficaci modalità esplicative. Tra gli obiettivi raggiunti devo parlare anche di pluridisciplinarietà: mostre, convegni internazionali di studi, teatro e musica, musica e cinema sono state e sono le direttrici costanti sul quale il festival si è mosso.L'inserimento del Festival Liszt nel catalogo delle buone pratiche culturali della Regione Lazio è notizia recente e rappresenta un importante riconoscimento. In che modo questo influisce sulla visibilità e sul futuro della rassegna? E a proposito di futuro, cosa possiamo aspettarci dalle prossime edizioni?Il riconoscimento della Regione Lazio è importante in quanto si è ritenuto, a fronte della storia del festival, che lo stesso sia un progetto originale e concreto di promozione, valorizzazione e sviluppo della cultura nel territorio regionale costituendo un “modello” culturale di successo. Questo aggiunge credibilità soprattutto per i partner che via via stanno collaborando. Il festival, del resto, è parte integrante del Progetto Tesori Musicali del Lazio e anche per questo è mia intenzione allargare il festival ancor più nell’area dei Castelli Romani ma anche su Roma, come abbiamo cominciato a fare, consapevoli che la città eterna non ha a tutt’oggi dato il giusto risalto al contributo musicale e culturale che Liszt ha dato nei suoi lunghi anni di permanenza nella capitale. Per questo stiamo sviluppando una progettualità con l’Accademia d’Ungheria in Roma - nostro partner storico -, al fine di valorizzare i luoghi lisztiani. La scelta di svolgere i concerti in luoghi storici frequentati da Liszt, come Palazzo Lercari e la Chiesa Cattedrale di San Pancrazio, contribuisce a creare un legame profondo tra musica e territorio. Che ruolo ha, nel concreto, il festivalnell’ambito della promozione culturale e turistica di Albano Laziale e in generale dei Castelli Romani?E’ fuori dubbio che il territorio beneficia da tutti i punti di vista commerciale, culturale, sociale e turistico di un festival che attrae sempre più pubblico dalla regione; un pubblico che scopre o riscopre le bellezze e il fascino di questo territorio dove arte, paesaggio e storia si incontrano felicemente. Spesso coi sentiamo dire che è una vera fortuna avere un festival di prestigio nei Colli Albani a due passi da Roma. Oltre al Festival Liszt, lei ha una carriera musicale di spicco sia come clarinettista che musicologo. Come riesce a conciliare la direzione artistica del festival con la sua attività concertistica e di ricerca? In che modo queste diverse esperienze si influenzano reciprocamente?Fare musica professionalmente ti porta ad allargare costantemente i repertori musicali, cameristici e solistici. La componente musicologica della mia formazione mi è di grande aiuto nella formulazione dei programmi del festival ma aggiungerei anche una certa curiosità che, incontrando la meraviglia, come diceva Anna Arendt, aumenta il sapere e la conoscenza. Ciò è di beneficio per la scelta delle musiche o per costruire dei programmi tematici ingenerando così un meccanismo che rinnova le aspettative tanto per chi propone che per chi riceve. Un orizzonte di attesa, insomma, sempre dinamico in osmosi con il pensiero di Liszt e della sua poetica.