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Il test di Turing

Ai computer il trading, agli umani il quadro generale

Con l'esaurimento delle risorse inutilizzate entro la fine di quest'anno, la Fed si trova di fronte a un grande dilemma che è anche il suo momento della verità. Applicare il manuale e alzare i tassi, colpendo una crescita già mediocre per evitare che l'inflazione salga oltre il 2 per cento, o forzare le cose e andare a cercare di proposito un'inflazione del 3 o del 4 per cento? La Yellen continua in ogni occasione a recitare il mantra del 2 per cento come obiettivo di inflazione, ma in cuor suo lo pensa davvero? Ricordiamo che questa Fed ha una colorazione politica decisamente democratica e una preponderanza assoluta di colombe.

Ricordiamo anche che esiste un'argomentazione forse discutibile ma non necessariamente politica o ideologica per rincorrere un'inflazione più alta. Avere i prezzi al 3-4 per cento significherebbe infatti, alla prossima recessione, non precipitare immediatamente in deflazione, come invece avverrebbe se i prezzi partissero dal 2 per cento. Potrebbe essere la differenza tra una recessione gestibile e una depressione ancora più grave di quella del 2008.

Replica della macchina per decrittare messaggi in codiceLa Fed, molto probabilmente, farà una scelta intermedia. I componenti del suo direttivo sono persone prudenti e preferiscono evitare di essere accusate di tirare troppo la volata a Hillary Clinton comprando un po' di occupazione in più in cambio di un'inflazione troppo alta. In pratica la Fed alzerà i tassi entro quest'anno e basterà un rialzo per tacitare molti dei suoi critici per qualche tempo. Più avanti li alzerà ancora, ma in linea con l'inflazione o meno dell'inflazione. I tassi reali a breve rimarranno in ogni caso a zero o negativi, mentre il manuale prescriverebbe, a questo punto del ciclo, tassi reali positivi.

Una scelta intermedia avrebbe anche il vantaggio di impedire la formazione di una grave bolla azionaria (che si avrebbe se i tassi restassero a zero o vicino a zero troppo a lungo) e di contenere in proporzioni gestibili il bear market obbligazionario (che diventerebbe invece pesante e rischioso, per l'America e per il mondo, se i tassi venissero alzati sui livelli prescritti dal manuale).

Prepariamoci allora a un modesto ulteriore ribasso dei corsi obbligazionari quest'anno e il prossimo, a un azionario americano piatto per il 2015 e a un azionario europeo che sarà in grado entro fine anno di rivedere i massimi di inizio aprile, ma non di andare molto più in là.
Il mondo, insomma è Ok, ma non nel senso che diamo noi a Ok (bene) ma in quello che gli si dà in inglese (benino).

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