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God bless America

Per il bene degli Usa e del mondo intero

"Dio benedica l'America" è l'augurio con cui Papa Francesco ha chiuso i suoi interventi nel viaggio negli Stati Uniti d'America, ma è anche l'invocazione più forte dell'inno patriottico scritto da Irving Berlin. Forse mai come oggi quest'invocazione dovrebbe fare riflettere sul senso profondo del suo significato e non solo come ripetizione di una formula in modo taumaturgico ed esoterico. Mai come ora gli Usa hanno bisogno di fare un esame di coscienza per provare a capire il dramma sociale che ne sta spegnendo la genetica spinta verso la libertà, l'uguaglianza, la democrazia ed il diritto al perseguimento della felicità come i padri fondatori avevano solennemente dichiarato nella dichiarazione d'indipendenza verso la corona inglese. Mai come ora gli Usa si trovano di fronte ad una sfida socioculturale che ne sta sgretolando la tenuta sociale, eppure erano stati loro a potere fare tornare la speranza ad un mondo che sembrava perso nell'orrore.

Molta acqua è passata sotto i ponti della Storia da quei tempi ed ha contribuito a fare la Storia, ma in modo diverso rispetto a quelle dichiarazioni, solennemente riprese nel 1948 quando, dopo due guerre mondiali, sembrava che l'uomo avesse ritrovato il senso della sua vita e del suo essere. Troppe mostruose atrocità erano state compiute in nome di diritti rivendicati come forma di sterminio e di oppressione.

Eppure dopo quegli anni di ritorno alla normalità, alla voglia di vivere e di ricostruire una casa per il bene comune globale siamo ritornati a vivere un dramma sociale senza fine e siamo ancora davanti al caos proprio nel paese che sembrava portarci verso un sogno di felicità. La lettura della storia e delle relazioni di causa ed affetto fra fatti ed eventi mostra sempre in modo crudo e spietato l'insipienza dell'”homo sapiens" e quanto la sua genetica sete di avidità lo porti sempre a sfidare il destino.

"Quid non mortalia pectora, auri sacra fames" (A cosa non spinge i petti mortali, la miserabile cupidigia dell'oro) scriveva Virgilio nell'Eneide, ripreso poi da Seneca, l'avidità morbosa dell'accumulazione è sempre pronta a stimolare la parte più violenta dell'animo umano fino a quando i nodi arrivano al pettine e la "Storia" presenta il conto; ora siamo a domandarci come finirà.
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