In terzo luogo, proprio perché consapevole della credibilità perduta negli anni scorsi, prima nel 2018 con una linea troppo restrittiva e poi nel 2021 con una linea eccessivamente espansiva,
la Fed vuole oggi mostrarsi coerente, compatta e rigorosa nel perseguimento del suo obiettivo.
La questione della credibilità è ancora più sentita dalla Bce, che nei due anni passati ha clamorosamente e intenzionalmente sottostimato il problema dell'inflazione e si vede ora costretta a mostrarsi realista (alzando continuamente le stime sull'inflazione futura) e inflessibile.
Riusciranno i mercati a risintonizzarsi con le banche centrali? Alla fine sì, con le buone o con le cattive. Si dovrà imparare a dare più peso ai dati sull'inflazione salariale che a tutto il resto, inclusa l'inflazione al consumo in tutte le sue forme. Si dovrà anche imparare a non sfidare troppo la Fed, pensando che tornerà sui suoi passi al primo segno di difficoltà. Si dovrà poi capire che la Fed non vuole, in questo momento, borse in rialzo, quali che siano le buone ragioni per anticipare un bull market.
A vincere la sfida del 2023 saranno allora gli investitori pazienti, quelli che non si spaventeranno troppo quando vedranno l'economia indebolirsi e non si faranno prendere dall'entusiasmo vedendo l'inflazione scendere. Questi investitori accumuleranno gradualmente, senza usare subito tutta la loro liquidità perché non sappiamo se il rallentamento sarà nel primo o nel secondo semestre.
In pratica, un portafoglio per il 2023 costruito oggi da zero dovrebbe partire con una forte esposizione all'obbligazionario di buona qualità, da sostituire lentamente e gradualmente con azionario nel corso dell'anno, in particolare nella seconda metà.
Insomma, non scommettiamo contro le banche centrali, nella speranza ragionevole che ci portino davvero verso un 2024 di crescita senza inflazione.
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