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Papa Francesco: il dono, oltre il mercato

Una maggiore solidarietà sociale e più etica nella finanza ci faranno uscire prima dalla crisi.

Papa Francesco è il nuovo papa: gesuita ed argentino. Ben diverso quindi da Benedetto XVI, dimessosi ed ora Papa emerito, teologo e tedesco. Sembra poco per descrivere il cammino compiuto dalla Chiesa cattolica in questi ultimi anni e per capire dove andrà in quelli a venire. Eppure, nella storia delle persone, c'è molto.

Papa Francesco porta con sé una esperienza profondamente diversa. Da gesuita, ha già dimostrato di guardare la Chiesa nel mondo all'interno delle complesse relazioni di potere, politiche, economiche e finanziarie, che condizionano la vita degli uomini. Se è vero che, nelle Beatitudini, dei poveri sarà il Regno dei Cieli, è ancor più vero che la loro sofferenza non può essere accettata con rassegnazione: la missione della Chiesa è quella di far arrivare la parola di Cristo a chi si fa strumento di povertà e di sofferenza affinchè si converta. Per questo, la testimonianza cristiana non può trasformarsi in una lotta politica di parte: Gesù è venuto per tutti. La distanza che Papa Francesco ha tenuto dalla teologia della liberazione e dalla trasfigurazione di Cristo in uno strumento di sovversione politica si è accompagnata alla severa ed implacabile denuncia e condanna degli abusi in campo sociale, economico e finanziario, rendendolo scomodo ai sistemi di potere, anche all'interno della Chiesa.

L'essere, inoltre, argentino aggiunge una esperienza vera, vissuta, della storia, delle sterminate povertà e delle immense ricchezze, antiche e moderne: la storia della terra in cui è nato Papa Francesco è l'Era moderna, dalla colonizzazione spagnola fino alla esplosione del benessere in coincidenza con le due Guerre mondiali, per via dell'esportazione di carne e grano in Europa mentre le nostre campagne erano abbandonate dai nostri uomini che in divisa morivano a milioni. E poi, ancora, il ritorno dalle sofferenze per le dittature e quelle causate dal debito estero che ha strangolato il suo popolo, soprannominata "deuda eterna": quella che con un gioco di parole, si ottiene cancellando la "x" di "externa".

Nessuno come un gesuita argentino può avere la misura della impossibile sfida al potere politico, per la realizzazione delle Città di Dio su questa terra. C'è una Provincia, in Argentina, chiamata Misiones, all'intersezione con Brasile e Paraguay e risalendo il Paranà: lì, rimangono le vestigia delle città costruite dai missionari gesuiti come modello alternativo alla colonizzazione ed alla schiavitù per il popolo Guaranì. Nel 1750, Spagna e Portogallo firmarono un Trattato per regolare i rapporti territoriali, con la clausola dirompente della eliminazione di queste realtà e la cacciata dei gesuiti: i rispettivi sovrani non potevano accettare la esistenza di vere e proprie città-regno, politicamente anche se non economicamente autosufficienti, all'interno dei propri confini. Una lezione difficile da dimenticare, perché tutti gli altri sovrani europei decretarono altrettanto, fino allo scioglimento dell'Ordine nel 1773.

Non solo all'interno della Chiesa, i corrotti e coloro che si sono macchiati di abusi sessuali, ma tutti i sistemi di potere, politici, economici e finanziari, si misureranno con un Papa nuovo: un uomo che conosce la densità della Storia, i pericoli letali che si nascondono dietro le relazioni e le ambizioni, anche quelle animate dalle più meritevoli intenzioni. Un Papa che starà dalla parte dei poveri, degli indifesi e degli innocenti: perché sa che è la missione della Chiesa nel convertire i peccatori e nell'aprire alla generosità il cuore di pietra dei ricchi.

"Ama il prossimo tuo come te stesso", recita il secondo comandamento nella Bibbia. "Dona ai poveri, ed avrai un tesoro nei cieli", si legge nel Vangelo di Gesù. Ai popoli, dopo la crisi finanziaria del 2008, non bastava una Enciclica. Ora c'è un Papa che si fa Francesco d'Assisi e chiede al mondo di non chiudersi nell'avidità della ricchezza: "Quod superest, date pauperibus".

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