Il Presidente francese Emmanuel Macron si sta comportando esattamente come il suo predecessore gaullista Nicolas Sarkozy, che inaugurò la sua presidenza nel 2008 con un viaggio in Algeria, per chiudere definitivamente le ferite della colonizzazione e che lanciò l'Unione Euro-mediterranea, assumendone la presidenza congiuntamente al premier egiziano Hosni Mubarak.
Era finita l'era dell'asse a nord-est, volto ad integrare nell'Europa occidentale i Paesi comunisti che facevano da corona all'URSS. Il Mediterraneo era il nuovo bacino di crescita, politica, economica e sociale: come è andata a finire lo sappiamo: gli Usa hanno sostenuto le primavere arabe: non avevano voglia di sostenere i regimi arabi poco democratici, da quello tunisino di Ben Alì a quello egiziano di Hosni Mubarak, a quello libico del Colonnello Gheddafi, per terminare con quello siriano di Bashar El Assad.
Fu così che il progetto di integrazione politica e socio-economica dell'area mediterranea andò a picco: gli Usa non gradivano, evidentemente. Meglio una situazione di crisi, di conflitto, che provoca morti e profughi. A milioni. Nicolas Sarkozy, alla fine, condusse insieme al Premier inglese David Cameron la sortita per far fuori il Colonnello Gheddafi: di quella operazione, e della destabilizzazione che ne seguì, ora Emmanuel Macron afferma che fu un errore. Irrimediabile, come accade per tutte le vicende storiche.
Ancora una volta, dunque, un Presidente francese, stavolta Emmanuel Macron come accadde per Nicolas Sarkozy, in politica internazionale è un turbine, inarrestabile. Macron sta approfittando dello stallo europeo per prendere la guida della politica estera del Continente.
Prima invita Vladimir Putin a Versailles, per celebrare il bicentenario delle relazioni diplomatiche con la Russia, inaugurate dallo Zar Pietro il Grande; poi fa sedere accanto a sé il Presidente americano Donald Trump, per presenziare alla sfilata militare in occasione della Festa Nazionale, il 14 luglio; poi invita il Generale libico Haftar a Parigi, per un incontro con il Premier designato dalla comunità internazionale, Al Sarraj, per trovare un accordo di pacificazione nazionale; quindi, riceve il nostro Premier Gentiloni a colloquio, ed ottiene l'appoggio italiano per una missione militare in Niger, per chiudere la rotta dei trafficanti di profughi che passano di lì per arrivare in Libia; prende a questo punto la guida della protesta internazionale contro il trasferimento della Ambasciata americana da Tel Aviv a Gerusalemme, in quanto si violerebbe una precedente risoluzione dell'Onu che attribuisce a quest'ultima città uno statuto internazionale; come se non bastasse, invita a colloquio il Premier turco Erdogan, solo per confermare la impossibilità di procedere oltre con la adesione alla Unione Europea, visto che non vengono più rispettati i principi fondamentali dello Stato. Ed ora, è volato in Cina, per sostenere la tesi secondo cui la Via della Seta non è un percorso che Pechino può compiere a senso unico, che i Paesi interessati da questo progetto strategico non possono correre il rischio di diventare vassalli di Pechino, e che la Francia e la Cina devono condividere la leadership mondiale per la difesa dell'ambiente contro i cambiamenti climatici, sulla base dell'Accordo di Parigi.
Macron approfitta dello stallo tedesco, visto che a tre mesi dalle elezioni ancora non si sono fatti passi in avanti nella costituzione del nuovo governo. Addirittura il più autorevole quotidiano francese si permette di sollecitare la Cancelliera Angela Merkel a fare presto: “Dépêchez-vous, Mme Merkel!”, questo è il titolo di un editoriale appena pubblicato. Serve una intesa con la Germania sulle riforme della Unione, in vista del rinnovo del Parlamento europeo nel 2019. Già perché il 2018 è un anno di preparazione per tutti, con la sfida a tutto tondo tra sovranisti ed europeisti. Approfitta del fatto che l'Italia sta andando a nuove elezioni, e che la Spagna è inchiodata da un governo di minoranza e dalle vicende catalane. La Gran Bretagna è fuori, con la Brexit, e gioca per conto suo.
La Unione Europea è solo un condominio franco-tedesco, dove i tedeschi si occupano dell'economia e di tenere a bada gli altri partner dal punto di vista dei deficit pubblici. La Francia può fare come vuole, su deficit e debito pubblico: sono anni che è in procedura di infrazione, ma nessuno se ne preoccupa. La Germania deve tenerla a galla, ad ogni costo, come fu nel '92 quando il franco, la sterlina e la lira furono messi sotto pressione dalla speculazione. La Bundesbank sostenne fino alla fine solo la moneta francese: senza Parigi, salta tutto il progetto europeo, allora lo Sme, oggi l'euro. E per Berlino sarebbero dolori.
L'Unione Europea è solo una controfigura dell'asse franco-tedesco.
Iperattivismo francese, come ai tempi di Sarkozy, con la Germania in stallo e l'Italia verso le elezioni.
Ora e sempre Macron-zy.