Indubbiamente a essere stati premiati il 4 marzo dagli elettori sono stati Salvini e Di Maio, che, inoltre, hanno le stesse idee su molti temi: sull'Europa, sui trattati, sull'Euro, sulla necessità di cancellare la riforma delle pensioni Fornero (tra parentesi la professoressa è andata in pensione in questo fine settimana); i Due hanno le stesse idee anche sul mercato del lavoro e sui conti pubblici.
Salvini e Di Maio hanno la stessa convinzione di poter introdurre nello stesso tempo il reddito di cittadinanza, la riduzione della pressione fiscale, la cancellazione della norma sul jobs act e, infine, riuscire a sterilizzare l'IVA dalle cosiddette clausole di salvaguardia, ossia quegli strumenti attraverso i quali i Governi cercano di rispettare i vincoli imposti dall'Unione Europea sui bilanci, prevedendo aumenti automatici dell'IVA e dell'accisa a garanzia degli obiettivi.
Secondo i primi calcoli, il reddito di cittadinanza potrebbe costare all'erario 32 miliardi; secondo le prime stime di Confindustria, per disinnescare l’aumento dell’IVA che scatterà il primo gennaio 2019 occorreranno 12,4 miliardi di euro. Per i Cinque Stelle si parla di un assegno di almeno 780 euro al mese per una forma di reddito di cittadinanza.
Per quanto riguarda le pensioni non si conoscono dati precisi sui costi della cancellazione della Riforma Fornero poiché non si conoscono i dettagli. Tra le ipotesi si parla della possibilità di uscire dal lavoro a quota 100, una formuletta che indica per il lavoratore 64 anni di età e 36 anni di contributi e, infine, "quota 41", cioè 41 anni di contributi a prescindere dall’età.
Si ricorda che dal 2019 si potrà lasciare il lavoro al compimento dei 67 anni. Nel 2020 l'Italia avrebbe così l'età pensionabile più alta d'Europa. Le dichiarazioni anche delle ultime ore da parte dei vertici dei due partiti che si accingono a formare il Governo, parlano ancora di lavori di preparazione di schede iniziali, per entrare solo in un secondo momento nei dettagli. Comunque, la presidenza dell'INPS ha gettato allarmi preoccupanti sulla tenuta dei conti del nostro sistema previdenziale e quindi sui conti pubblici qualora si cancellasse la Riforma Fornero.
Senza le riforme varate dal 2004, il debito pubblico avrebbe raggiunto un livello pari al 150% del PiL nel breve periodo, per schizzare al 200 per cento negli anni in cui si pensioneranno i baby boomers, vale a dire tra il 2030 e il 2040, secondo quanto rivela una simulazione contenuta nel DEF "tendenziale" presentato dal Governo.
La flat tax, inoltre, che secondo le prime indiscrezioni premia i redditi fra 40 e 60 mila euro, verrebbe a costare sui 50 miliardi. Infine pesa il responso della Commissione UE sulla richiesta per quest'anno di una manovra correttiva che potrebbe arrivare a 5 miliardi.
Proprio per questo è giunto il momento di abbandonare le promesse demagogiche fatte in campagna elettorale e fare un quadro d'insieme della politica economica vedendo le compatibilità finanziarie delle varie proposte. Un po' di matematica e di cifre aiuterebbe molto le scelte da fare.
Bisogna, insomma, impostare seriamente una discussione, quanto mai utile per chiarire i termini effettivi, le scelte che il nostro Paese dovrà compiere in materia di finanza pubblica e regole europee.
Finora i mercati sono stati a guardare sperando in una soluzione della crisi in tempi brevi, ma lo spread sta crescendo di tre punti al giorno nei confronti del Bund tedesco, e Mario Draghi ha annunciato che l'ombrello protettivo del Quantitative esing è in dirittura d'arrivo.
Infine, è di queste ore la "riabilitazione" di Silvio Berlusconi da parte del Tribunale di Sorveglianza di Milano e che quindi potrà correre in una futura contesa elettorale. Questo è un fatto nuovo che, comunque, come ha anche dichiarato il leader del M5S Luigi di Maio, "non peserà sulla trattativa". Ma sicuramente inciderà sulle prospettive della durata del futuro Governo.