E' del tutto fuori luogo lamentarsi per il fatto che gli Stati Uniti stiano finanziando con consistenti fondi pubblici la loro reindustrializzazione, nel settore dei microchip e della transizione energetica, della costruzione di fabbriche per le auto elettriche e batterie. Aumenta il deficit federale, certo, ma è così che si raccoglie il risparmio ed il capitale per destinarlo alla economia reale: un tipico schema di intervento keynesiano, che parte dalla spesa pubblica per gli investimenti.
D'altra parte, è esattamente quello che sta facendo l'
Unione europea con il programma NGUE,
di cui l'Italia beneficia ampiamente con i fondi stanziati nel PNRR: gli assi di intervento sono gli stessi, transizione digitale e transizione ambientale, in un contesto di rafforzata coesione sociale. Anche qui è spesa pubblica per investimenti, finanziata con nuovo debito pubblico.
Il vantaggio per l'Italia risiede nel fatto che il tasso di interesse che pagheremo su questo debito è più basso di quello che paghiamo sulle emissioni dei nostri titoli di Stato in quanto la provvista sui mercati è effettuata direttamente dalla Unione Europea, attraverso una Banca Agente, avendo un rating migliore del nostro e quindi a tassi molto più bassi.
Cosa assai diversa è invece esprimere un
giudizio sul merito di queste politiche: valutare se siano davvero convenienti o meno; capire se in fondo non si vadano a dare soldi pubblici a palate alle solite grandi industrie, le uniche in grado di gestire processi così impegnativi; oppure, ancora, entrare nel merito di questa gigantesca operazione di decarbonizzazione della economia, che prevede la elettrificazione di ogni consumo energetico partendo da fonti rinnovabili.
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