Guido Salerno Aletta
Editorialista dell'Agenzia Teleborsa
E' del tutto fuori luogo lamentarsi per il fatto che gli Stati Uniti stiano finanziando con consistenti fondi pubblici la loro reindustrializzazione, nel settore dei microchip e della transizione energetica, della costruzione di fabbriche per le auto elettriche e batterie. Aumenta il deficit federale, certo, ma è così che si raccoglie il risparmio ed il capitale per destinarlo alla economia reale: un tipico schema di intervento keynesiano, che parte dalla spesa pubblica per gli investimenti.
D'altra parte, è esattamente quello che sta facendo l'
Unione europea con il programma NGUE,
di cui l'Italia beneficia ampiamente con i fondi stanziati nel PNRR: gli assi di intervento sono gli stessi, transizione digitale e transizione ambientale, in un contesto di rafforzata coesione sociale. Anche qui è spesa pubblica per investimenti, finanziata con nuovo debito pubblico.
Il vantaggio per l'Italia risiede nel fatto che il tasso di interesse che pagheremo su questo debito è più basso di quello che paghiamo sulle emissioni dei nostri titoli di Stato in quanto la provvista sui mercati è effettuata direttamente dalla Unione Europea, attraverso una Banca Agente, avendo un rating migliore del nostro e quindi a tassi molto più bassi.
Cosa assai diversa è invece esprimere un
giudizio sul merito di queste politiche: valutare se siano davvero convenienti o meno; capire se in fondo non si vadano a dare soldi pubblici a palate alle solite grandi industrie, le uniche in grado di gestire processi così impegnativi; oppure, ancora, entrare nel merito di questa gigantesca operazione di decarbonizzazione della economia, che prevede la elettrificazione di ogni consumo energetico partendo da fonti rinnovabili.