La BCE ha deciso di aumentare ancora i tassi di interesse, di un quarto di punto: l'inflazione dei prezzi al consumo nell'Eurozona non calerebbe infatti abbastanza velocemente.
In media,
l'inflazione era al 10% netto a gennaio scorso, ed a giugno ancora al 6,4%. Eppure la tendenza alla contrazione è stata netta: era scesa di appena un decimo di punto tra gennaio e febbraio, passando dal 10% al 9,9%; poi di 1,6 punti percentuali a marzo, essendo arrivata all'8,3%; poi solo di due decimi di punto ad aprile, essendo arrivata all'8,1%; quindi, di un intero punto percentuale a maggio, essendo scesa al 7,1%; è scesa ancora di sette decimi di punto a giugno essendo arrivata al citato 6,4%.
Ci sono Paesi con una inflazione già bassissima, come il Belgio dove a giugno il tasso annuo era addirittura dell'1,6% ed altri come la Grecia che sono appena al 2,8%, mentre la Francia sta al 5,3% e l'Italia al 6,7%: ci sono troppi fattori di differenza.
Intanto,
il tasso di crescita reale continua a scendere: sempre nell'Eurozona, il primo trimestre di quest'anno ha segnato una crescita zero. C'è stato un calo continuo, trimestre dopo trimestre, dal +0,6% del primo trimestre del 2022 fino ad arrivare al -0,1% nell'ultimo trimestre dello stesso anno.
I tassi di interesse sono stati ritoccati dalla BCE, portando quello per il rifinanziamento principale delle banche al 4,25% e la remunerazione sui loro depositi ulteriori rispetto alla riserva obbligatoria al 3,75%: è un record, visto che nel 2008, alla vigilia della catastrofe causata dal fallimento della Lehman Brothers, il tasso minimo di rifinanziamento principale era stato del 4,25% mentre la remunerazione sui depositi era al 3,25%. Solo il tasso per il rifinanziamento marginale era stato ancora più alto, con il 5,25%, mentre ora è stato portato al 4,50%.
Detto in sintesi:
alle banche ora conviene tenere fermo il denaro presso la BCE, senza rischi, dove rende appunto il 3,75% annuo.
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