(Teleborsa) - Si alza il sipario sulle
elezioni di metà mandato (anche note come mediterm elections) negli Stati Uniti. La tornata elettorale che si tiene due anni dopo le elezioni presidenziali riguarda il
Congresso (per la precisione 435 membri della Camera dei rappresentanti e un terzo dei 100 membri del Senato, pari a 35 seggi), le
assemblee elettive dei singoli Stati e la scelta di
alcuni Governatori, sempre dei singoli Stati federali.
Si tratta del
primo banco di prova di Donald Trump, che fino ad ora ha potuto contare sulla maggioranza dei Repubblicani sia alla Camera che in Senato.
Per il momento l'unico dato certo è la
forte affluenza all'early voting, una formula che consente a 37 Stati di mandare i cittadini alle urne in anticipo, addirittura fino a 45 giorni prima della data ufficiale che cade oggi, 6 novembre.
Per il resto,
gli exit poll danno i Democratici in vantaggio alla Camera. Hanno bisogno di 24 seggi per scavalcare gli avversari.
Secondo uno studio di SACE (Gruppo Cassa Depositi e Prestiti) i
risultati sostanzialmente possibili sono tre:
1)
Avanzata dei democratici: potrebbe portare ad uno
stallo legislativo, specie sulle questioni di primaria importanza che richiedono ampie maggioranze per l'approvazione. Sarebbe inoltre
improbabile un accordo sul programma infrastrutturale con il rischio di generare un problema di sotto investimenti. C'è infine il rischio che i Democratici si
oppongano ai tagli alla spesa sociale per bilanciare quelli fiscali, cosa che implica la
permanenza dell'attuale ampio deficit fiscale.
2)"
Resistenza" dei Repubblicani: Trump avrebbe minori ostacoli nel proseguire le proprie politiche. In particolare potrebbe rendere
permanenti alcune disposizioni sull'abbassamento della pressione fiscale (che al momento scadrebbero nel 2025) e introdurre un
secondo pacchetto di tagli alle tasse. Molto dipenderà comunque dal'ampiezza della maggioranza.
3)
Democratici "pigliatutto": in questo caso si rischiano
rapporti conflittuali e
stallo legislativo. I Democratici potrebbero puntare su assistenza sanitaria, riforme sull'immigrazione e programmi sociali. Difficile che ricevano l'approvazione visto che è richiesta una maggioranza elevata, ma proporre questo tipo di misure potrebbe far
bene ai consensi in vista delle elezioni del 2020.
SACE conclude comunque spiegando che al di là dei risultati,
le scelte di politica commerciale "saranno indissolubilmente legate alle future strategia di Trump" grazie agli
ampi poteri, anche di veto, garantiti all'inquilino della Casa Bianca. Non sono attese dunque inversioni di marcia e
la riduzione dei deficit anche attraverso i dazi "resterà verosimilmente un obiettivo dell'agenda". La
Cina resterà
uno dei bersagli principali e "anche l'Unione Europea potrebbe finire nel mirino di Trump. In caso di vittoria, parziale o totale, dei Democratici, e quindi in assenza di grandi margini di manovra dal lato dell'attività legislativa, è addirittura ipotizzabile che la politica commerciale sia ancora più aggressiva", conclude SACE.