(Teleborsa) -
A brillare per incorruttibilità, o meglio con basso indice di corruzione, si confermano Danimarca e Nuova Zelanda, che tuttavia invertono le proprie posizioni rispetto all'anno scorso rispettivamente con
88 e 87 punti. L’ Europa occidentale, e in particolare l'Unione Europea,
è l’area che ha il punteggio medio più elevato (66 punti), mentre le regioni dell'Africa sub-sahariana (32 punti), dell'Europa dell'est e Asia Centrale (35) sono le aree con il punteggio medio più basso.
E l'Italia? Pur facendo parte dell'area mondiale dal punteggio medio più alto che indica appunto basso livello di corruzione dei Paesi che ne fanno parte,
si piazza al 53esimo posto globale, con un punteggio di 52 punti su 100. Un guadagno di due punti sull'anno precedente, un miglioramento, per quanto leggero. Una costante quanto lenta crescita che la colloca a poco più di metà classifica e che permette di scalare posizioni, allontanandosi dagli ultimi posti della graduatoria, dove ora siedono Somalia, Sud Sudan e Siria con rispettivamente 10, 13 e 13 punti.
E' il responso di
Trasparency international sull'Indice di percezione della corruzione (Cpi), che tuttavia non ci rende particolarmente orgogliosi.
In Italia la corruzione c'è, non è poca e "si sente". Il Cpi misura la corruzione del settore pubblico percepita da parte di uomini d'affari e esperti nazionali all'interno di un Paese, assegnando ai diversi Paesi un punteggio da 100 (per niente corrotto) a 0 (altamente corrotto) ai Paesi.
"Oltre due terzi dei Paesi analizzati ha un punteggio inferiore a 50 - spiega Transparency - e dal 2012 solo 20 Paesi hanno visto migliorare in maniera significativa il loro punteggio e tra questi vi è l'Italia con uno degli incrementi maggiori (+10 punti). Sono invece 16 i Paesi che hanno subito un forte peggioramento, tra cui l'Australia, l'Ungheria e la Turchia".