(Teleborsa) -
Tic, tac: il
29 marzo - data ufficiale del
Leave - si avvicina a grandi passi e il rumore dell'orologio che scandisce le
ore che avanzano e il
tempo che stringe
diventa un
assedio. BRUXELLES CHIAMA, LONDRA ANCORA NON RISPONDE - Sulla
Brexit, infatti, si va avanti piano, in pratica quasi fermi: a
Bruxelles non è ancora il tempo delle svolte mentre dalle parti di
Londra aumentano le, fibrillazioni politiche. Si consuma così l'ennesima giornata interlocutoria segnata da un lato dall'incontro definito
"costruttivo", ma non
risolutivo. JUNCKER: "NO DEAL POSSIBILE" - "Stiamo facendo tutti gli sforzi perché" la Brexit "sia organizzata, in modo civile, ordinato e ben pensato, ma non ci siamo ancora - fa sapere il Presidente della Commissione europea, Jean Claude Juncker, nel suo intervento al Comitato economico e sociale -. Perché al Parlamento britannico votano sempre contro qualcosa, non c'è mai una maggioranza a favore.
Se ci sarà un no deal, e non lo posso escludere, ci saranno enormi conseguenze. Cerchiamo di evitare il peggio, ma non sono molto ottimista". Altrettanto
preoccupato il leader laburista
Jeremy Corbyn:
"Il pericolo di una Brexit senza accordo è molto serio e presente". All’uscita dal suo incontro con il capo negoziatore dell'Ue Michel Barnier, Corbyn ha parlato di
“discussioni franche e informative” con la Commissione.
LA STRATEGIA DELLA MAY - Secondo il leader laburista il problema è che Theresa
May "insiste sul suo accordo che è già stato sconfitto pesantemente” e “
cerca di mantenere la minaccia di un no deal sul tavolo”. Lo scopo della Premier, accusa Corbyn, sarebbe arrivare a ridosso del 29 marzo, scadenza prefissata per la Brexit, e poi imporre al Parlamento britannico un
aut aut: o il mio accordo o il temutissimo divorzio no deal.
Tradotto: la speranza della Premier era che con l’avvicinarsi della scadenza del 29 marzo alcuni deputati si sarebbero convinti a votare l’accordo stretto dal governo con l’Europa, spaventati dall’ipotesi dalle certificate conseguenze catastrofiche di un ‘no-deal’ o addirittura dalla permanenza del Regno Unito nell’UE. Ma al momento la
strategia appare debole e rischiosa.
May temporeggia e pensa alla proroga - Intanto, un mare di incertezza, una cosa è sicura:
Theresa May è sempre più all'angolo e sarebbe pronta a chiedere una
proroga, presumibilmente di
3 mesi. Opzione prevista
dall’articolo 50 del Trattato che regola le procedure di uscita di uno stato membro: i
due anni di negoziati possono essere prolungati, ma
“serve la richiesta del Regno Unito e l’approvazione unanime dei 27”.