(Teleborsa) -
Nuovo capitolo nell'infinita saga
Brexit che continua a suscitare
enorme attenzione politica e mediatica. Nella giornata di ieri, martedì 17 settembre, si è riunita la
Corte Suprema britannica che si esprimerà, con giudizio
inappellabile, sulla
legittimità dell'atto con cui il Governo guidato da
Boris Johnson ha chiesto - e ottenuto come da prassi dalla
Regina Elisabetta II -la sospensione prolungata dei lavori del Parlamento (
prorogation) fino al prossimo
14 ottobre.
Non è stata ancora annunciata la
data della sentenza - che potrebbe sancire la
riapertura del Parlamento- ma
da
calendario sono previste audizioni per almeno
3 giorni, dunque fino a giovedì compreso. Davanti alla Corte, intanto, nel corso delle ore, si sono radunati
centinaia di manifestanti contrapposti.La Corte Suprema dovrà far
chiarezza tra due
verdetti di segno opposto: da una parte
l' Alta Corte di Londra che lo scorso 6 settembre
aveva dato ragione al Governo, rigettando le contestazioni presentate dagli avvocati dell'attivista
Gina Miller con il sostegno di politici pro Remain di vari partiti incluso l'ex premier
John Major: dall'altro,
la Corte di appello di Edimburgo che l'11 settembre ha invece giudicato
illegale la sospensione dei lavori di
Westminster. Boris Johnson resta alla finestra e parlando alla BBC fa sapere di nutrire il massimo rispetto per il sistema giudiziario e per la sua indipendenza, "
uno dei motivi di gloria del Regno Unito". Sul fronte delle
trattative, piccoli passi avanti, nessuno dei quali ancora
sostanziale. L’orologio corre veloce e la
data del Leave, fissata al
31 ottobre, avanza a grandi passi insieme
all’incubo di una uscita di
Londra dall’Unione Europea con lo
scenario temutissimo del
No Deal, ossia senza accordo, che secondo
Markus J. Beyrer, Direttore Generale di BusinessEurope (la Confindustria europea) sarebbe
"una ricetta per il disastro".