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Ghosn dal Libano si difende: "Sono innocente, vittima di complotto"

"Accuse non vere, sono qui per difendermi: fuggito da ingiustizia". Sulla scelta di fuggirre l'ex Ad Renault-Nissan ha dovuto affrontare "la decisione più difficile della vita",

Economia
Ghosn dal Libano si difende: "Sono innocente, vittima di complotto"
(Teleborsa) - L'ex numero uno di Renault-Nissan Carlos Ghosn è comparso per la prima volta in Libano di fronte ai media dopo la sua fuga dal Giappone dove si trovava in stato di arresto da più di un anno per accuse di corruzione. Ghosn era stato arrestato nel novembre del 2018 ed è rimasto in carcere per diversi mesi. "E' un giorno felice per me oggi perché sono finalmente libero di esprimermi e di spiegare - ha detto Ghosn a Beirut - e sono felice per essere ora con la mia famiglia e i miei cari, dopo essermi battuto per 400 giorni per la mia innocenza e dopo esser stato detenuto in condizioni brutali e contro i principi fondamentali del rispetto dei diritti umani".

L'ex Amministratore delegato di Renault-Nissan ha, inoltre, accusato sia la società automobilistica sia la giustizia giapponese di "aver orchestrato una campagna" e "un complotto" contro di lui. L'obiettivo dei giapponesi, ha proseguito l'ex top manager, "era soltanto farmi confessare indipendentemente dalla verità. Alimentano un sistema arcaico e manipolativo. Per questi individui la verità è ininfluente". L'ex top manager ha riferito, quindi, che se non fosse fuggito dal Giappone avrebbe rischiato di vivere 5 anni senza contare su una sentenza del tribuale.

Ghosn ha raccontato poi che dietro quello che ritiene essere stato un complotto nei suoi confronti ci sono stati due motivi che hanno a che fare con l'integrazione tra la casa automobilistica giapponese e quella francese. Secondo Ghosn i suoi guai sono iniziati nel 2017, quando i profitti di Nissan hanno cominciato a calare e ha rivendicato di aver fatto ottenere alla casa automobilistica giapponese "oltre 20 miliardi di dollari" in 17 anni sotto la sua guida.

L'altro motivo sarebbe stata la cosiddetta legge Florange che impediva a Nissan, in possesso del 50 per cento delle azioni Renault, di avere diritto di voto, mentre Renault l'aveva in Nissan. Ghosn ha affermato che avrebbe voluto che sia i giapponesi sia gli europei fossero "fieri" dell'alleanza e che per questo lavorava per integrare le sue imprese. Una posizione che dal punto di vista giapponese era guardata con scetticismo.

L'ex numero uno di "Renault-Nissan" ha poi continuato a reclamare la sua innocenza. "Queste accuse non sono vere e io non avrei mai dovuto essere arrestato, non ho capito per cosa sono stato accusato e sono qui per ripulire il mio nome. Non sono qui per raccontarvi come ho lasciato il Giappone - ha detto - non mi sono sottratto alla giustizia ma all'ingiustizia e all'oppressione. Non mi sento al di sopra della legge ma so di avere i mezzi per far emergere la verità". Ghosn ha affermato di essere stato colto di sorpresa dall'arresto come gli americani a Pearl Harbor. "Sono stato arrestato nel 2018 e sono stato colto totalmente di sorpresa. Avete visto Pearl Harbor, vi ricordate cosa accadde a Pearl Harbor?", ha osservato.

Sulla scelta di fuggire dal Giappone, Ghosn ha detto di aver dovuto affrontare la decisione "più difficile della mia vita, ma era necessario per proteggermi e proteggere la mia famiglia". Le condizioni di detenzione in Giappone, ha aggiunto, sono una "farsa" contro i diritti umani e la dignità.

Secondo l'Agenzia di stampa Jiji Press molti giornalisti giapponesi non sono stati ammessi alla conferenza stampa a cui hanno preso parte oltre 100 colleghi di circa 60 testate, perlopiù francesi e libanesi. Secondo alcuni osservatori, l'ex magnate avrebbe deciso per evitare domande "scomode".
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