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Covid-19, Istat: "shock senza precedenti storici", difficile stima

Lo sottolinea l'Istituto di statistica nella nota mensile

Economia
Covid-19, Istat: "shock senza precedenti storici", difficile stima
(Teleborsa) - "Lo scenario internazionale è dominato dall’emergenza sanitaria e le misure di contenimento del covid-19 stanno causando uno shock generalizzato, senza precedenti storici, che coinvolge sia l’offerta sia la domanda". Lo sottolinea l’Istat in apertura del consueto rapporto mensile sull’economia.

L’istituto precisa che al momento è difficile fare previsioni sull’impatto economico dell’emergenza. “La rapida evoluzione della pandemia rende difficile rilevare l’intensità degli effetti sull’economia reale con gli indicatori congiunturali la cui diffusione avviene con un ritardo fisiologico rispetto al mese di riferimento”.

Tuttavia, precisa l'Istat, le prime indicazioni disponibili sull’impatto economico in Italia sono già visibili su alcuni indicatori, tra cui il clima di fiducia, crollato a marzo tra i consumatori e le imprese, il commercio extra Ue fortemente influenzato dal calo delle esportazioni verso la Cina, mentre le vendite al dettaglio hanno mostrato un deciso aumento trainato dagli acquisti di beni alimentari.

Secondo il Focus sugli effetti del covid-19 sull'attività economica contenuto nella Nota mensile, lockdown delle attività produttive per 2,2 milioni di imprese, pari al 49% del totale, il 65% nel caso delle imprese esportatrici, con un'occupazione di 7,4 milioni di addetti (44,3%) di cui 4,9 milioni di dipendenti (il 42,1%). Un'impresa su due, dunque, ha fermato l'attività. Il lockdown delle attività produttive, si legge, "ha amplificato le preoccupazioni e i disagi derivanti dall'emergenza sanitaria, generando un crollo della fiducia di consumatori e imprese".

CONSUMI -
Due gli scenari proposti dall'Istat: il primo in cui la chiusura delle attività sarebbe limitata ai mesi di marzo e aprile; l'altro in cui la chiusura si estenderebbe fino a giugno. Nel primo caso la riduzione dei consumi sarebbe pari al 4,1% su base annua mentre nel secondo al 9,9%. La riduzione dei consumi determinerebbe una contrazione del valore aggiunto dell'1,9% nel primo scenario e del 4,5% nel secondo.
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