(Teleborsa) -
Tornano a crescere gli immatricolati alle Università, ma non abbastanza da colmare il gap con il resto d'Europa, Lo rivela il terzo
Rapporto Agi-Censis, elaborato nell'ambito del progetto "Italia sotto sforzo. Diario della transizione 2020".
L'anno accademico 2019-2020 denota una svolta degli
immatricolati alle università italiane
(+3,2%), dopo un decennio di contrazioni, ma
servirebbero 7mila immatricolati in più ogni anno, pari ad una variazione del
2,2% l'anno, per essere in linea con la media europea, o di 8,500 persone (+2,6%) qualora l’obiettivo fosse raggiungere la quota di immatricolati della Francia.
Tradotta in termini monetari, la crescita auspicata sarebbe equivalente in termini di
spesa aggiuntiva ad oltre 49 milioni di euro se il parametro fosse l'UE e 59 milioni se l'obiettivo fosse la Francia.
Persistono quindi in Italia una serie di
criticità sul fronte dell'Istruzione. Solo il
51,8% dei maggiorenni italiani, infatti,
si iscrive all'Università, a fronte di una media europea del 58,7%. L’Italia, inoltre, è
penultima in Europa per numero di
giovani con un titolo di studio terziario. Nel 2019 gli italiani di età compresa tra i 25 e i 34 anni con un titolo di istruzione terziaria erano il
27,7% del totale, ovvero 13,1 punti percentuali in meno rispetto alla
media europea pari a 40,8%. Dopo l’Italia si colloca soltanto la Romania con il 25,5%.
La bassa quota di giovani con un titolo terziario sarebbe anche la conseguenza della
ridotta disponibilità di corsi brevi e professionalizzanti, universitari e non universitari, poiché il tasso di passaggio dalla scuola secondaria di secondo grado all’università è stato pari al 50,4% ed il restante 49,6% ha cercato in maggioranza un lavoro.
Secondo il Rapporto Abi-Censis, dunque, il
sistema universitario nazionale
deve essere aiutato, rimuovendo criticità interne ed esterne, anche perché l’educazione svolge una funzione determinante nell’incremento della mobilità sociale di un individuo. Il
Global Social Mobility Index 2020 colloca
l’Italia al 34° posto di una graduatoria internazionale calcolata su 82 Paesi, dopo Israele e prima dell’Urugay, ma lontana da Danimarca, Norvegia e Svezia, che occupano le prime tre posizioni.
Servono, inoltre, adeguati interventi di orientamento,
investimenti e risorse per il diritto allo studio per garantire pari opportunità a tutti. Nel 2018 in Italia è stato
speso per l’istruzione terziaria lo 0,3% del PIL, meno che in tutti gli altri 27 Stati membri dell’Ue.