(Teleborsa) -
Resta modesta la crescita delle retribuzioni in Italia che rallenta allo 0,5%. E' quanto rileva l'
Istat, indicando che le
retribuzioni contrattuali sono cresciute dello 0,1% su mese e dello 0,5% su anno.
L'aumento tendenziale è frutto dell’aumento dello
0,8% per i dipendenti dell
’industria e dello
0,5% per quelli dei
servizi privati, mentre sono
congelate le retribuzioni nel
pubblico impiego. Più in dettaglio, i settori che presentano gli aumenti tendenziali più elevati sono quelli dell’energia elettrica e gas (+2,8%), del credito e delle assicurazioni (+2,2%) e dell’edilizia (+1,6%). L’incremento è invece nullo per i settori agricoltura, legno, carta e stampa, commercio, farmacie private, telecomunicazioni, altri servizi privati e pubblica amministrazione.
Lo stallo della dinamica retributiva è da imputare anche al
persistere di un’ampia fascia di contratti in attesa di rinnovo: a fine settembre 2020 eran
o in attesa di rinnovo 49 contratti, che coinvolgono circa
9,7 milioni di dipendenti – il 78,8% del totale - cui corrisponde un
monte retributivo pari al 77,8%. Entrambe le quote sono inferiori a quelle osservate alla fine del trimestre precedente (82,4% e 81,6% a giugno 2020) e ampiamente superiori a quelle registrate a settembre 2019 (44,0% e 46,2% rispettivamente).
Nel periodo
luglio-settembre 2020 sono stati
recepiti tre accordi – alimentari, vetro, gomma e materie plastiche - e nessun contratto è scaduto, ma il
tempo medio di attesa di rinnovo, per i lavoratori con contratto scaduto, è sostanzialmente stabile a
17,9 mesi, mentre
l’attesa media, calcolata sul totale dei dipendenti, è
doppiata in un anno (14,1 contro 7,9 mesi).
"L’incertezza sull’evoluzione del quadro economico - spiega l'Istat - e il progressivo indebolimento dell’inflazione (negativa da cinque mesi), a cui si guarda per fissare gli incrementi tabellari, incidono negativamente sulla chiusura delle numerose trattative in corso".
Alla fine di settembre 2020, i contratti collettivi nazionali in vigore per la parte economica (24 contratti) riguardano il 21,2% dei dipendenti - circa 2,6 milioni - e un monte retributivo pari al 22,2% del totale.
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