(Teleborsa) -
Natalità ancora in
ribasso nel
2021. Per l'anno in corso
l'Istat stima
394.210 nati, numero ancora in
calo rispetto al
2020, quando si è comunque registrato un
nuovo minimo storico di nascite dall'Unità d'Italia (404mila). Anche i
matrimoni hanno subito una
botta considerevole nel 2020,
si sono dimezzati. A illustrare i dati è stato il presidente dell'Istat,
Gian Carlo Blangiardo, in occasione degli
Stati generali della natalità, sottolineando che "bisognerà recuperare questa situazione in un Paese in cui le nascite avvengono
per due terzi all'interno del matrimonio".
L'Istituto di Statistica osserva che "
senza adeguati interventi capaci di contrastarne le cause il costante calo della natalità è destinato a persistere anche quando si saranno esauriti gli effetti negativi prodotti da Covid-19. Attorno alla metà del secolo si va configurando la possibilità di scendere anche sotto i 350.000 nati annui".
Obiettivo al 2030 - Accrescere il numero medio di figli per donna di 0,6 unità entro la fine del decennio comporterebbe un
aumento di
130mila nati nell'arco di un decennio (+33%). Si tratterebbe di circa
517mila nati in
più nel
complesso del
decennio.
Un apporto di
mezzo milione di nati comporta, con una speranza di vita di
82 anni per un maschio e 86 per una femmina, l’acquisizione da parte della popolazione cui afferiscono di
42 milioni di anni-vita . Per l’Italia ciò equivale ad accrescere di circa il 2% il patrimonio demografico ossia gli anni di futuro che complessivamente competono al
totale dei residenti.Il
51% degli anni-vita forniti dal contingente di nati verranno spesi in età produttive, il 22% in età di formazione e il 27% in età di pensione. Nelle nuove generazioni la prospettiva è (ai parametri attuali) di vivere mediamente
53 anni da pensione per ogni 100 di lavoro: un rapporto che è di un terzo più favorevole agli equilibri di welfare rispetto al
79 per 100 che attualmente caratterizza il complesso della popolazione italiana.
Equilibrio sistema pensioni a rischio - "Siamo passati da un rapporto di 26 per ogni 100, 26 in età da pensione per
ogni 100 in età da lavoro ad un rapporto di 39 oggi e andiamo verso qualcosa che arriverà piu' o meno attorno a 60 nell'arco di qualche decennio. E' evidente che, in queste condizioni, il
problema degli equilibri nel sistema previdenziale è estremamente delicato e importante", sottolinea
Blangiardo.