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BCE: l'unica vera macchina da guerra in grado gestire le emergenze economiche

Economia
BCE: l'unica vera macchina da guerra in grado gestire le emergenze economiche
(Teleborsa) - di
Andrea Ferretti


Non c'è dubbio che la BCE si sia dimostrata in questi ultimi anni l'unica vera "macchina da guerra" in grado di gestire situazioni di estrema emergenza. Lo ha dimostrato nel passato (doppia crisi economico - finanziaria 2008/2015), nel presente (attuale crisi pandemica) e, verosimilmente continuerà ad essere un punto di riferimento nodale anche negli scenari futuri. Più in particolare, nella prima doppia crisi, la BCE di Mario Draghi, per evitare il collasso del comparto produttivo, ha iniettato nei sistemi bancari massicce dosi di liquidità. E lo ha fatto, sia finanziando le banche attraverso linee di credito a medio termine (LTRO e TLTRO), sia acquistando titoli sovrani dagli istituti attraverso lo strumento del Q.I. (Quantitative Easing). Successivamente, nell'attuale crisi pandemica, la BCE della signora Lagarde, non solo ha raccolto l'impostazione draghiana, ma l'ha rafforzata varando un piano di emergenza da 1850 Mld (il PEPP- Pandemic Emergency Purchase Program). Il tutto sempre con il medesimo fine: fornire alle banche tutta la liquidità necessaria per sorreggere le aziende sino alla fine della pestilenza.

Ma, verosimilmente, anche nel prossimo futuro il ruolo della BCE sarà assolutamente decisivo sia per le banche che per le aziende. Infatti, ci attende uno scenario che sarà caratterizzato da due componenti di segno opposto. Da una parte, in presenza di una perdurante emergenza sanitaria in grado di rallentare la ripresa economica grazie a massicce iniezioni di "fattore I - Incertezza", sarà indispensabile continuare a sostenere le imprese con misure di natura straordinaria. Dall'altra, al contrario, si farà strada la necessità di ridurre le misure di emergenza fin qui varate prima che queste generino danni collaterali irreversibili.

Ad esempio, i tassi tenuti artificialmente a livelli bassissimi dalla BCE favoriscono la ripresa, ma, alla lunga, scardinano i bilanci delle banche impedendo agli istituti di sostenere le imprese. Analogamente, un congelamento "sine die" delle norme di vigilanza sulle banche potrebbe portare alla lievitazione naturale dei crediti deteriorati nella pancia degli istituti con conseguenti ripercussioni sulla concessione del credito alle imprese. A livello macro, nel medio lungo periodo, una "moratoria perpetua sul patto di stabilità" potrebbe paradossalmente creare problemi proprio ai Paesi più indebitati che potrebbero trovarsi, alla fine dell'emergenza, con un debito pubblico oltre il punto di non ritorno.

Dunque, esiste il concreto rischio di essere risucchiati dalla "sindrome da cortisone" dove gli interventi determinati dall'emergenza migliorano la situazione di breve periodo, ma generano situazioni insostenibili nel medio lungo. Ma in questo scenario delicato ed incerto, ciò che appare invece certo è che la BCE, dal punto di vista della politica monetaria, si stia muovendo in maniera estremamente equilibrata in funzione anticrisi. E questo atteggiamento positivo della Banca Centrale è emerso con chiarezza nel Consiglio Direttivo del 22 Luglio.

Nella citata riunione, il Consiglio non solo ha deciso di lasciare i tassi a livelli bassissimi, ma, soprattutto, ha confermato nelle Forward Guidance (le "indicazioni prospettiche" che indicano la rotta che la BCE intende tenere fino al 2023) la volontà di evitare che la fragile ripresa possa essere compromessa da un frettoloso rialzo dei tassi. Infatti, le citate indicazioni prospettiche prevedono che i tassi verranno mantenuti su livelli pari o inferiori a quelli attuali finché il livello di inflazione del 2% simmetrico non sarà mantenuto in maniera salda, robusta e durevole fino al 2023.

Per simmetrico si intende che vengono considerati negativi sia valori sotto il 2% che quelli superiori a questa soglia. Il che vuol dire che non sarà sufficiente una fiammata inflazionistica determinata, ad esempio, da nevrotici rimbalzi post lock-down del prezzo delle materie prime per determinare un rialzo dei tassi. Ma non basta. Il Consiglio della BCE ha deciso che, anche in presenza di uno stabile raggiungimento del 2% di inflazione, l'incremento dei tassi si avrà solo qualora tale livello venisse confermato anche a livello di "inflazione Core" (tasso di inflazione depurato dai componenti più volatili quali il prezzo dell'energia e degli alimentari).

Dunque, una BCE prudente ed equilibrata disponibile a ridurre gradualmente le misure di emergenza, ma solo in presenza di una ripresa solida e persistente. Evidentemente, Mario Draghi non si è limitato ad apportare modifiche superficiali ai comportamenti della BCE, ma è riuscito ad intervenire in profondità modificando il DNA della Banca Centrale. E i risultati di questa mutazione genetica si vedono tutti.
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