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Inflazione, consumatori: "Nonostante calo prezzi rimangono alti"

Unc: "Trentino, Veneto e Puglia le regioni più care. Tra le città Siena, Bolzano e Pistoia"

Economia
Inflazione, consumatori: "Nonostante calo prezzi rimangono alti"
(Teleborsa) - "Nonostante il rallentamento dell'inflazione generale, che a novembre 2025 si attesta all'1,1% su base annua e a -+1,5% per il carrello della spesa, secondo i dati definitivi Istat, i prezzi al consumo rimangono alti. Emerge, tuttavia, un divario tra i dati statistici ufficiali e la realtà quotidiana di spesa che i consumatori riscontrano". È quanto rileva l'Adoc seguita da Assoutenti che sottolinea: "Se il tasso di inflazione cala all'1,1% a novembre i prezzi dei beni alimentari continuano a registrare criticità, con i listini al dettaglio di alcuni prodotti di largo consumo che registrano ancora rincari a due cifre". Segnali incoraggianti, invece, per Confcommercio.

"Al di là della marginale revisione al ribasso dell'inflazione di novembre – rileva l'Ufficio Studi di Confcommercio – ci sono altri importanti segnali che provengono dai dati definitivi. Rispetto alle stime preliminari risalta la sensibile revisione al ribasso della dinamica dei prezzi degli alimentari, da +0,5% congiunturale della prima stima a +0,1% del dato definitivo, a confermare come i prezzi di questi prodotti siano sostanzialmente fermi da agosto. Questa revisione ha impattato sul "carrello della spesa" i cui prezzi sono stazionari rispetto a ottobre, con un tendenziale ridottosi all'1,5% dall'1,9% della prima stima. Per apprezzarne il rallentamento è sufficiente ricordare che ad agosto il tendenziale si collocava al 3,4%. A completare le buone notizie sul versante dei prezzi c'è l'ulteriore ridimensionamento, su base mensile, dell'inflazione di fondo, anch'essa rivista al ribasso, a conferma dell'assenza di tensioni sistemiche attuali e, presumibilmente, anche prospettiche. Nel complesso, il quadro odierno della variazione dei prezzi al consumo potrebbe avere effetti positivi sulla fiducia delle famiglie e contribuire a sostenere i consumi, a partire da dicembre e dal Natale in particolare".

Ma Adoc ed Eures evidenziano gli aumenti sotto l'albero di Natale con un rincaro medio dell'8,9% per il cesto natalizio, un aumento 6 volte di più dell'incremento complessivo dei prezzi e oltre 3 volte di più rispetto a quello degli alimentari. L'incremento più marcato riguarda i prodotti di cioccolateria, con un aumento del +11,3%, il torrone con un rincaro del +10%, il pandoro classico registra un aumento significativo del +7,4%, gli aumenti per amari e superalcolici (+5,4%) e per i panettoni (di marca +4,2%; private label +4,9%). "Questi numeri sono estremamente preoccupanti e confermano che, nei periodi di alta domanda, prevalgono logiche di mercato volte a un sistematico e ingiustificato aumento dei prezzi – afferma Anna Rea, presidente Adoc nazionale –. Mentre i prezzi al consumo complessivi rallentano, il cioccolato subisce un rincaro dell'11,3% e i torroni del 10,0%, un segnale d'allarme fortissimo che non può essere imputato solo alle dinamiche delle materie prime. Una dinamica speculativa che comprime i consumi e colpisce i redditi fissi. Chiediamo con forza al Governo di intervenire immediatamente con una Legge di Bilancio coraggiosa, che l'introduzione di norme contro la shrinkflation; la rimodulazione dell'IVA sui beni di largo consumo e lo scorporo delle accise dall'IVA sui carburanti. Lo abbiamo chiesto nel 'Manifesto per il contrasto al caro spesa' insieme ad altre 13 Associazioni dei Consumatori e lo ribadiremo nella prossima riunione della Commissione Allerta Prezzi convocata per domani, 17 dicembre. Le famiglie hanno il diritto di celebrare le festività senza dover affrontare un salasso ingiustificato. Chiediamo rispetto per i consumatori e, qualora non venissero prese misure adeguate, non escludiamo ulteriori iniziative, compreso lo 'Sciopero del Carrello'".

"Nonostante il calo dell'inflazione, l'andamento dei listini nel comparto alimentare continua ad essere preoccupante, considerato che se si guarda all'inflazione acquisita per il 2025, prodotti alimentari e bevande analcoliche segnano un +2,9%, quasi il doppio rispetto all'indice generale (+1,5%) – spiega il presidente di Assoutenti Gabriele Melluso –. Una situazione che deve essere al più presto affrontata dal governo: gli alimentari sono una voce di spesa primaria di cui le famiglie non possono fare a meno, e i rincari registrati nel settore non solo incidono su redditi e capacità di spesa, ma impoveriscono giorno dopo giorno una larga fetta di popolazione. Ora, in vista delle spese delle famiglie legate al Natale e dei maggiori consumi nel periodo di festa, serve massima vigilanza sui listini alimentari, per evitare che le festività di fine anno di traducano in una stangata sul portafogli. In tal senso invitiamo i consumatori a prestare la massima attenzione soprattutto ai dolciari, prodotti che anche a causa dei rincari delle materie prime come cacao e burro stanno registrando sensibili incrementi dei listini in tutta Italia".

In base ai dati territoriali dell'inflazione di novembre dell'Istat, l'Unione Nazionale Consumatori ha stilato la classifica delle città più care d'Italia, in termini di aumento del costo della vita. Non solo, quindi, delle città capoluoghi di regione o dei comuni con più di 150 mila abitanti. Vince ancora una volta Siena dove l'inflazione tendenziale pari a +2,9%, la più alta d'Italia, si traduce anche nella maggior spesa aggiuntiva su base annua, equivalente a 784 euro per una famiglia media. Medaglia d'argento per Bolzano che con +2% su novembre 2024, la terza inflazione più elevata del Paese, ha un incremento di spesa annuo pari a 664 euro a famiglia. Sul gradino più basso del podio Pistoia, quarta per inflazione ex aequo con Napoli (+1,9%), che ha una spesa supplementare pari a 514 euro annui per una famiglia tipo. Appena fuori dal podio Cosenza che, con la seconda maggiore inflazione, +2,6%, registra una stangata pari a 506 euro. Al quinto posto Udine che con +1,6% ha una variazione annua della spesa pari a 449 euro. Seguono Rimini (+1,6%, +440 euro), Grosseto (+1,6% e +433 euro), all'ottavo posto Napoli (+1,9%, +429 euro), poi Belluno (+1,6%, +417 euro). Chiudono la top ten delle peggiori città, con +386 euro, Padova e Rovigo (+1,4% per entrambe).

Sull'altro fronte della classifica, la città più virtuosa d'Italia è ancora una volta Campobasso, l'unica ad avere un'inflazione pari a zero e, quindi, nessun aumento di spesa. Al secondo posto sia per inflazione bassa che per spesa, Brindisi, +0,2% e +39 euro. Medaglia di bronzo per Sassari (+0,4%, +80 euro). Al quarto posto della classifica delle città più risparmiose, Benevento (+0,4%, +88 euro), seguita da Trapani (0,4%, +93 euro), Lodi (+0,4% e +115 euro), al settimo posto Vercelli (+0,5%, +118 euro), poi Cuneo (+0,5%, +126 euro) e Potenza (+0,6%, +132 euro). Chiude la top ten delle migliori città, Caserta (+0,6%, +133 euro).

In testa alla classifica delle regioni più "costose", con un'inflazione annua a +1,4%, l'immancabile Trentino Alto Adige che registra a famiglia un aggravio medio pari a 433 euro su base annua. Segue il Veneto (+1,3%, +349 euro). Al terzo posto, con +343 euro, la Puglia che ha l'inflazione regionale più alta, +1,8%.

La regione più risparmiosa è il Molise che segna una variazione nulla. In seconda posizione la Basilicata (+0,6%, +128 euro), in terza la Sardegna (+0,7%, +134 euro).








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