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Nobel all'Economia: la farsa infinita. Mettiamolo all'asta

Ancora una volta l'Accademia delle Scienze ha attribuito il Nobel alla finanza razionale


Un altro elemento distintivo del premio si lega al fatto che gli studiosi statunitensi nei 51 anni di assegnazione del Nobel in economia hanno conseguito per 48 volte il premio. La tendenza si è accentuata dopo la caduta del muro di Berlino e la cultura esclusiva della finanza come arricchimento personale ha cancellato il pensiero e la dimensione spirituale dell'uomo; in contrapposizione, i premi assegnati alla letteratura evidenziano il pensiero unico, infatti dalla fine degli anni sessanta gli Usa non hanno vinto nella sostanza un solo e vero premio nella letteratura.

I premi negli anni si sono divisi tra paesi diversi e comunque in aree in cui quel tipo di benessere espresso dalla finanza era assente o comunque non rilevante. I due modelli culturali si oppongono senza possibilità di dialogo e di condivisione perché gli interessi della finanza mettono al primo posto la massimizzazione dell'interesse personale e non il "bene comune", esattamente quello che Alfred Nobel voleva scongiurare.

La legittimazione del pensiero unico ha soffocato l'immaginazione e spento i valori universali – libertà, uguaglianza e solidarietà – ma l'uomo razionale è arrivato alla fine della corsa e gli Usa che si sono basati su quel modello culturale sono alla frutta.

La finanza promossa dal capitalismo e liberismo assunti come fine e non come mezzo ha contribuito a generare una società finalizzata alla realizzazione del bene personale a scapito di quello comune ed alla normalizzazione di comportamenti illeciti; questo ha forzato sempre più gli interessi dominanti a legittimare con il Nobel quegli studi che innalzavano a verità suprema la loro realizzazione, ma non la vera scienza finendo per disgregare il sistema delle relazioni sociali.

Forse hanno ragione i tanti che chiedono una moratoria di un premio che si allontana sempre di più dalle finalità che dovrebbe perseguire.
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