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La situazione è grave, ma non seria

Ciascuno faccia quel che deve e accada quel che può, diceva Pietro Nenni.

Pietro Nenni, andava dicendo "Ciascuno faccia quel che deve e accada quel che può". Per dire che, dopo le esternazioni di Alfano e lo strappo con Berlusconi sulla scelta del candidato premier in caso di nuove elezioni, cosa si augura il ministro agrigentino che possa accadere a breve? Sbagliato pensare ad un abbraccio, se non proprio ad una bella festa di affratellamento tra "falchi" e "colombe". Sbagliato pensarlo, vista l'imminente decadenza del Cavaliere dallo scranno di senatore e, forse, sbagliato pensarlo anche per l'imminente disfida che le truppe di Fitto, Verdini e Santanché, cioè i fedelissimi del Cavaliere, muoveranno in occasione del congresso nazionale del PDL del prossimo sabato, contro gli "Alfaniani".

E' evidente la situazione di imbarazzo di Alfano, che fatica a tenere in mano la patata bollente della questione governativa: restare o girare le spalle al Governo Letta, per farlo definitivamente affondare riaggregando l'intero PDL?

Per Berlusconi, che oltretutto ha abbandonato l'ipotesi di una richiesta di grazia, questo non è il problema maggiore e tira dritto per la sua strada, pronto a calare l'asso "Forza Italia", che cambierebbe gli equilibri delle forze in campo. I cosiddetti "lealisti", fedeli al Cavaliere, spingono per togliere la fiducia al Governo Letta, colpevole per loro, di essersi appiattito sulle richieste Europee e quindi sostanzialmente inutile; oltre al fatto di avallare il ruolo giustizialista della Magistratura. In sintesi, il PDL ha il suo bel da fare a dirimere la questione, che resta più che mai aperta e vedremo, nei prossimi giorni, come evolverà. Berlusconi contro il suo delfino Alfano e il varo di Forza Italia, sono sicuramente i temi dominanti dalle parti del Centrodestra.

Dall'altra parte della barricata, cioè in casa del PD, si preparano le primarie. Renzi sembra favorito sugli altri due principali candidati, i sondaggi lo danno oltre il 70%, ma il risultato dipenderà molto dalle strategie tessute sottotraccia dal vecchio apparato.

La base elettorale del PD è sempre stata, storicamente, meno liquida di quella di centro destra; ancorata da sempre agli schemi dettati dai vertici. Motivarla è quindi sempre più difficile. Le Larghe Intese, la rinuncia a Prodi e lo scandalo delle tessere fasulle, ne hanno minato la fiducia in una strategia che non ha portato risultati. Nessuno dei contendenti, però, è chiaro verso gli elettori di centro sinistra, su come intenderebbero ricompattare un partito sfilacciato in mille correnti.

Renzi dice le stesse cose da mesi e cioè che intende rottamare il Partito Democratico, rinnovandone totalmente la classe dirigente. Cuperlo, anziché parlare, scrive; manda una mail agli elettori del PD, da cui si ricava una dose di entusiasmo pari a zero, chiedendo non agli elettori, ma al PD, di cambiare sé stesso. Pittella, il terzo "scomodo" candidato, sembra il "pasdaran" della politica di sinistra, per quanto inesperto è comunque il più "comunicativo". Integralista contro le larghe intese e iconoclasta verso tutta la politica che ne è scaturita. Insomma, tante liti anche all'interno del PD, che fanno persino ipotizzare una scissione dei centristi, inclini ad una affiliazione europea al PPE, il Partito Popolare Europeo, negata invece da chi è più declinato a sinistra.

Ecco, tutte le energie della classe politica italiana sono concentrate in questi due scenari. Niente che riporti alle numerose emergenze da affrontare. Lavoro, disoccupazione, debito pubblico, rilancio economico. Resta Enrico Letta, che insieme ad un manipolo di coraggiosi, fuori dai giochi di potere, tiene la barra ben stretta per governare una nave, fuori rotta e in piena tempesta e che mai come ora rischia seriamente di affondare. Non c'è più spazio per derive populistiche, è obbligatorio agire subito.

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