Torniamo al proporzionale. Il maggioritario "a tutti i costi" rende l’Italia ingovernabile ed allontana i cittadini dalla politica.
Un sistema elettorale su base proporzionale consente tendenzialmente a tutti i cittadini di poter essere rappresentati in Parlamento. Un sistema maggioritario serve solo a decidere chi governa: ma gli altri non ci stanno, ed il sistema diventa ingestibile.Inutile continuare a mentire: la presenza in Italia di un forte partito comunista, con un consenso mai elettoralmente maggioritario, è sempre stato un handicap per la democrazia dell'alternanza. E, difatti,
il nostro sistema elettorale era di tipo proporzionale, garantendo a tutte le espressioni politiche di essere presenti in Parlamento e di partecipare all'attività legislativa. Le leggi erano approvate a larga maggioranza, se non all'unanimità: era una democrazia coinvolgente, anche troppo secondo alcuni, in cui non si distingueva nettamente la maggioranza dall'opposizione se non per via della partecipazione al Governo. Ma era in grado di assorbire le tensioni, anche quelle più forti.
Fu così anche per la solidarietà nazionale, dal 1976 al 1978: il
PCI era nella maggioranza ma non aveva Ministri. Il
socialismo di Craxi ruppe gli schemi e seppe imporsi nella staffetta alla
DC, ma non riuscì mai a ribaltare i rapporti di forza a sinistra.
La
Seconda Repubblica, con un sistema elettorale tendenzialmente maggioritario, ambiva a ricomporre gli schieramenti politici, spaccando in due la DC: quello era il presupposto di partenza. Una parte infatti confluì a sinistra, con formazioni più o meno ampie, come la
Margherita e l'
Udeur, alleandosi a quello che divenne prima
PDS, poi
DS ed infine
PD. L'altra parte rimase nell'ambito del centrodestra, con il
CCD-UDC. L'Ulivo e l'Unione nel centro sinistra, così come la
Casa della Libertà nel centrodestra, hanno rappresentato i contenitori elettorali volti a forzare un bipolarismo instabile.