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Le reti: vecchi nodi e nuovi intrecci

Come se non bastasse l’Opa lanciata da Ei Towers su Rai Way, si sente parlare di uno switch-off della rete in rame che dovrebbe essere dismessa entro il 2030

Bisogna farsene una ragione: nello sviluppo delle reti di telecomunicazioni ci sono aspetti finanziari di sostenibilità degli investimenti che spesso prevalgono, non consentono la concorrenza. Il problema è evitare che un monopolio naturale, quello della rete, si trasformi in un monopolio nel business, che avvantaggi un solo operatore. Siamo comunque, già ora, in un contesto oligopolistico: pochi soggetti, sempre più grandi e meno numerosi, si contendono tutto il mercato.

Cominciamo con il sistema di diffusione televisiva: agli impianti storici della Rai, si aggiunsero in modo del tutto disordinato quelli delle radio e delle televisioni private, fioriti senza alcuna pianificazione a seguito della sentenza con cui la Corte costituzionale dichiarò legittimo il monopolio pubblico solo al livello nazionale. Con il passaggio al digitale per la parte televisiva, ora si possono razionalizzare gli impianti, visto che non c’è più la necessità di avere singoli apparati trasmissivi, ciascuno costruito ad hoc per emettere il segnale sulla specifica frequenza assegnata. C’è stata poi, a livello normativo, la suddivisione tra fornitori di contenuti televisivi e gestori di infrastruttura di rete televisiva digitale terrestre, con una obbligatoria separazione societaria: Rai Way è l’operatore che offre i propri servizi non solo alla Rai, ma anche a tutti gli altri fornitori di contenuti che non hanno interesse a gestire una propria infrastruttura. Lo stesso accade per Ei Towers, controllata da Mediaset.

L’Opa lanciata da Ei Towers su Rai Way si giustifica pienamente in una ottica di ottimizzazione dei costi e degli investimenti. Cosa ben diversa è il giudizio relativo al fatto che si determinerebbe una sorta di monopolio nella gestione delle reti televisive, affidato al controllo del principale player privato. In alcuni Paesi, come la Francia, c’è un unico operatore privato della rete televisiva digitale, ma c’è una separazione strutturale e non solo societaria rispetto ai fornitori di contenuti televisivi: è un soggetto industrialmente e finanziariamente indipendente. Ha come unico business quello di gestire le reti televisive, senza legami né controlli. Una prospettiva di questo genere, che assicurerebbe anche in Italia una terzietà dell’operatore di rete, è però ormai superata dagli sviluppi tecnologici: le infrastrutture di trasmissione televisiva e quelle degli operatori di telecomunicazione hanno sempre più numerosi punti in comune, dalle frequenze all’architettura di rete. Un po’ alla volta, infatti, le frequenze televisive vengono assegnate a gara agli operatori di telecomunicazioni mobili (oggi sono TIM, Vodafone, Wind e 3 Italia) per lo sviluppo della cosiddetta “larga banda mobile”. Tablet e smartphone oggi sono più utilizzati per il traffico internet che per telefonare, con uno sviluppo esponenziale dei contenuti multimediali in rete.

Non c’è dubbio, quindi, che è ormai superata una impostazione che vede l’operatore di rete televisiva limitarsi alla sola distribuzione “circolare” del segnale verso le antenne degli edifici ed i televisori di casa. Nel settore delle reti televisive, ci sono vecchi nodi ma soprattutto nuovi intrecci.

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