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Lo Stato si ritira, gli incendi avanzano

Il territorio abbandonato dalle istituzioni lascia spazio ad ogni scorribanda

Con gli incendi boschivi di questo scorcio d'estate, che sono appiccati dolosamente un po' dovunque, la speculazione edilizia non c'entra niente, e la pastorizia neppure. Tanto meno c'è il business legato allo spegnimento degli incendi.

Si è messa in moto una spinta criminale generalizzata, in cui si mescola ogni tipo di patologia sociale, dal piromane maniaco al teppista d'occasione, fino al delinquente prezzolato. Si cerca di far affluire risorse pubbliche di emergenza sul territorio, naturalmente a pioggia, per il ripristino dei luoghi, le nuove piantumazioni e le opere di contenimento per evitare la erosione pluviale. Appalti e convenzioni, la solita cuccagna.

Forse, invece, è il caso di fare più di un passo indietro. Non sono solo la siccità ed il vento forte, a fare da innesco alle fiamme: è l'intero presidio istituzionale ad essere stato diseccato.

C'è un primo tema, dunque, assai generale e drammatico: la progressiva ritirata dal territorio delle istituzioni.

Chiudono le sedi scolastiche, le Stazioni dei Carabinieri, quelle ferroviarie, gli uffici postali, i piccoli ospedali e la stessa Guardia medica. Il Corpo forestale dello Stato è stato smantellato, facendolo assorbire in buona parte dall'Arma dei Carabinieri per finalità di indagine. Neppure in 600 sono passati ai Vigili del Fuoco, che però sono da tempo sotto organico. A forza di tagliare le spese pubbliche, non rimane niente: al controllo del territorio, ed a fare prevenzione e controlli, non c'è rimasto pressoché nessuno.

Gli enti locali sono stati messi a stecchetto, le funzioni delle Province sono state riordinate in vista della loro soppressione con la riforma costituzionale, riducendo il flusso di risorse pubbliche. Nel DEF 2017 sono stati ampiamente illustrati gli effetti delle recenti manovre: nel 2016, rispetto all'anno precedente, le spese di Comuni e Province hanno registrato un decremento complessivo del 4,3%, passando da 75,3 a 72 miliardi di euro. La contrazione dei pagamenti correnti, complessivamente pari a 1,1 miliardi (-1,8%), è derivata dalla riduzione della spesa per acquisto di beni e servizi (-1,2 miliardi, pari al –3,8%), per il personale (-631 milioni, pari al –3,9%), per interessi (-181 milioni, pari al –7,1%), in parte compensata dal forte incremento dei trasferimenti allo Stato (+1,1 miliardi, pari a 72,5%). I pagamenti in conto capitale hanno registrato nel complesso una diminuzione di 1,8 miliardi di euro (-13,3%), derivante quasi esclusivamente dal decremento della spesa per investimenti diretti (-1,8 miliardi, pari a -14,6%).

Influisce negativamente anche l'accorpamento delle centrali di acquisto, che determina automaticamente il raggiungimento di soglie di appalto che impongono le gare europee, cui possono accedere solo operatori assai qualificati per capacità finanziaria e dimensione economica. La spesa pubblica, con i bandi di gara europei, si dirige spesso verso soggetti imprenditoriali che spesso non hanno né la sede legale, né tantomeno quella produttiva in Italia. Il caso dei call-center è stato emblematico di una delocalizzazione selvaggia. I piccoli operatori, a livello locale, sono tagliati fuori senza rimedio.

C'è un ulteriore aspetto: la stangata fiscale che ha colpito le seconde case. Nella gran parte dei casi sono poco più che ruderi: si trovano spesso in piccole località isolate, sono state generalmente ereditate, e rimangono vuote per la gran parte dell'anno. La sola idea di riuscire ad affittarle è risibile, perché si tratta di paesi sempre più disabitati, e naturalmente non si trova nessuno che abbia il minimo interesse a comprarle: più che un patrimonio, sono diventate una costosa zavorra. Non producendo alcun reddito, i proprietari dedicano al pagamento delle maggiori imposte quelle somme che in precedenza servivano alla piccola manutenzione annuale. Anche così, è venuto meno quel minimo afflusso di denaro di cui beneficiavano i piccoli centri.

La diffusione dell'e-commerce ha dato il colpo finale ai negozi delle località minori, così come sta abbattendo la grande distribuzione nelle città.

Le stesse attività criminali risentono di questa situazione: c'è sempre meno da rubare e ben poco da continuare ad estorcere. Probabilmente, anche il traffico di droga e di giri di denaro legati allo sfruttamento della prostituzione languono. Che ci siano meno soldi per i vizi, lo dimostra l'andamento dei proventi erariali legati ai giochi: nel periodo gennaio–maggio di quest'anno, rispetto al corrispondente periodo dell'anno scorso, il calo è stato del 6,1% per il Lotto e del 2,7% per le altre attività di gioco. Anche le imposte sui tabacchi sono diminuite, del 3,2%.

Non è possibile accorgersi che l'Italia è piena di boschi e di paesi sperduti solo quando ci sono gli incendi o i terremoti. La pretesa razionalizzazione delle strutture amministrative e della spesa pubblica sta spogliando senza sosta il territorio di risorse e di presidi. La repressione penale, per quanto severa, non basta.

I poteri illegali riempiono sempre il vuoto che si crea: a questo punto non servono appalti per rimediare ai danni degli incendi, che finirebbero probabilmente in mano sempre meno raccomandabili, ma il ritorno delle strutture pubbliche, organizzate, con propri uomini e propri mezzi. Gli appalti, continui e per ogni possibile attività di interesse pubblico, sono l'innesco più potente per il dilagare del malaffare e della corruzione.

Imparare dagli errori è una virtù. Perseverare sarebbe il segno di una imperdonabile e connivente debolezza. Lo Stato si ritira, gli incendi avanzano.

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