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Giravolte americane, interessi italiani

Da George W. Bush a Donald Trump, passando per Barack Obama

Il Presidente del Consiglio italiano Giuseppe Conte è arrivato a Washington per incontrare quello degli Stati Uniti d'America, Donald Trump: ha una partita delicatissima da affrontare, gli equilibri interni all'Europa, nel Mediterraneo, e con Russia e Cina sono in via di ridefinizione.

Il ruolo dell'Italia può essere importante: tutti sono in cerca di giocatori, per fare squadra. Non sono importanti le loro appartenenze formali, ma la direzione verso cui si muovono, a favore o contro.

C'è da fare una premessa, a questo punto. Chi parla ancora di giri di valzer, additando l'Italia di cambiare continuamente politica ed alleanze, dovrebbe riflettere sulle contorsioni della politica estera americana. Stiamo parlando degli ultimi vent'anni anni, non di un secolo.

Dall'intervento in Afghanistan nel 2002, a seguito dell'attentato dell'11 settembre alle Torri Gemelle di New York ed alla invasione dell'Irak per via delle supposte e mai trovate armi di distruzione di massa, George Bush aveva spostato di migliaia di chilometri la frontiera che avrebbe dovuto fermare la avanzata di Russia e Cina nell'Heartland asiatico.

Nel Mediterraneo, invece, serviva una atmosfera pacificata: il Trattato di particolare amicizia tra Italia e Libia, firmato a Bengasi nell'estate del 2008 tra Silvio Berlusconi e Muhammar el Gheddafi, aveva avuto la benedizione americana. Nessuno, naturalmente, aveva interesse a sottolinearlo. In realtà, l'accordo tra Italia e Libia è stato infatti preceduto dalla formale approvazione da parte statunitense del Libyan Claims Resolution Act, la legge n. 110-301 con cui gli Usa avevano dato atto alla Libia di non perseguire più politiche di sostegno al terrorismo. Fu accettata a titolo di risarcimento la somma di 1,5 miliardi di dollari a favore degli eredi delle vittime causate con gli attentati di Lockerbie e di Berlino. Quanto all'iter congressuale del provvedimento in questione, va rammentato che fu il senatore democratico e presidente della commissione per le Relazioni Estere, Joseph Biden, a fare da relatore. L'iter fu velocissimo: la proposta legislativa, presentata al Senato il 30 luglio, fu approvata in appena un paio di giorni, all'unanimità e senza obiezioni dall'intero Congresso. Il presidente George Bush la firmò infatti il 3 agosto. Del risarcimento in questione venne poi certificato l'avvenuto pagamento il successivo 30 ottobre, da parte dell'allora Segretario di Stato, Condooleza Rice.

La Presidenza Obama ha sconvolto la strategia precedente: ritiro dall'Afghanistan e dall'Irak, e destabilizzazione di tutta l'area del Mediterraneo. L'artefice fu Hillary Clinton, Segretario di Stato durante il suo primo mandato presidenziale. Nel 2011, vennero giù uno dopo l'altro, come birilli, i governi di Bel Alì in Tunisia e di Hosni Mubarak in Egitto, sotto l'onda emotiva delle cosiddette primavere arabe. Fu messo al tappeto anche il regime di Gheddafi, accusato di ogni nefandezza nei confronti della opposizione e della popolazione inerme.

Più che una giravolta, quella di Obama e della Clinton fu un vero e proprio ribaltone. L'Inghilterra di David Cameron e la Francia di Nicolas Sarkozy guidarono le operazioni militari in Libia: finalmente, potevano ridurre l'area di influenza italiana nel Mediterraneo.

Gli ultimi anni della Presidenza Obama sono stati un martirio strategico: l'obiettivo di destituire anche il Presidente Siriano Assad è stato vanificato dall'intervento a tenaglia di Russia ed Iran. Si è combattuta per sette anni la più grande guerra mondiale di tutti i tempi: tutti a combattersi in un piccolissimo Paese, il cui destino avrebbe deciso gli equilibri generali. Per colmo, l'accordo con l'Iran sulla fine delle sanzioni per via dell'arricchimento dell'uranio in vista di una minaccia nucleare che avrebbe minacciato Israele, accresceva il gelo di Tel Aviv nei confronti di Washington.

Ora, è arrivato il turno di Donad Trump: con la Russia, probabilmente sarebbe opportuno trovare un accomodamento sul piano geopolitico, visto che il nemico numero uno è la Cina. E' l'unica potenza in grado di sfidare l'egemonia americana in questo secolo. Meglio, dunque, fare accordi con l'Orso russo, piuttosto che lasciarlo alleato esclusivo del Dragone cinese: forse è tardi, vista l'alleanza che si consolida tra i Paesi Brics. E' una virata di poppa, che rischia di fare strambare l'Amministrazione. L'importante, per Trump, è rassicurare Israele: un accordo molto limitato, ma indispensabile.

Bene, a questo punto entra in ballo il ruolo dell'Italia.

A noi italiani interessa la stabilizzazione della Libia, il blocco della rotta mediterranea degli immigrati, ed uno scudo nei confronti della speculazione finanziaria che si farà viva nuovamente sul debito pubblico. Una Francia strabordante, che si mette alla testa di un esercito europeo e che fa e disfa nel Mediterraneo, non serve a nessuno, neppure a Trump: l'accordo con la Russia sulla Siria non ha bisogno di intermediari. Anzi, sono i rapporti troppo stretti tra Francia ed l'Iran che potrebbero dare noia. Il ruolo di stabilizzazione dell'Italia nel Mediterraneo sarebbe ben vista sia da Trump che da Putin.

Qualcosa si muove anche nelle altre ex-colonie italiane: la guerra che ha insanguinato Etiopia, Somalia ed Eritrea sembra arrivata alla fine. Di lì, partì tutto, con la rivolta del generale Menghistu contro Hailè Selassiè. Anche qui, il ruolo di mediazione dell'Italia potrebbe essere importantissimo. La rinnovata presenza italiana nell'Africa orientale tornerebbe a bilanciare quella francese nella fascia sub-sahariana. Ma andrebbero riannodati anche i rapporti con l'Egitto, che non a caso sono stati avvelenati da chi, e non c'è solo la Francia, ha interesse da sempre ad estrometterci dal Mediterraneo.

Per quanto riguarda la Cina, siamo un approdo marittimo ideale per la Via della Seta: su questo si dovrà discutere.

Destabilizzare l'Italia sarebbe un guaio per tutti: da George W. Bush a Donald Trump, passando per Barack Obama.

Giravolte americane, interessi italiani.

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