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Banche & MES: dividendi agli azionisti e salvataggi di Stato

Nonostante le riforme ed il bail-in, saranno ancora gli Stati a pagare per i fallimenti

Le banche sono sempre le stesse. Si lamentano della crisi, delle conseguenze della innovazione tecnologica, dei tassi di interesse irrisori che derivano dalla massiccia immissione di liquidità da parte delle Banche centrali, di quelli addirittura negativi imposti dalla BCE sulle riserve libere.

Propinano piani industriali devastanti, con licenziamenti a decine di migliaia e chiusure di agenzie, filiali e sedi, mentre aumentano le commissioni su ogni operazione di prelievo e di versamento.

Oggi, per i cittadini normali, tenere i soldi in banca non frutta più niente: è solo un costo.

Ma i risultati, per gli azionisti delle banche, sono straordinari, nonostante tutto. A novembre scorso, allo stacco delle cedole, ci sono state anche le due big italiane nel paniere "yielding 10", il gruppo dei dieci migliori istituti europei per distribuzione di dividendi. Intesa Sanpaolo ha occupato il terzo gradino del podio, con una cedola che ai prezzi attuali ha reso il 9,2% sulle stime del 2020. E' stata superata solo dalla austriaca Bawag Group (18%) e dall'irlandese Allied Irish Bank (12,9%). Unicredit si è piazzata al nono posto ( 6%). La precedono, dalla quarta all'ottava posizione: Ing (7,5%), Bnp Paribas (7,5%), la banca svedese Nordea (7,2%), la belga Kbc (7,1%) e Credit Suisse (6,5%), mentre l'ultimo gradino va alla Svenska Handelsbanken.

Se gli azionisti festeggiano, beati loro, per la pioggia di miliardi incassati, dietro questa ricca messe di dividendi ci sono le solite nubi: i timori per una possibile crisi ed i rimedi predisposti per evitare che abbia conseguenze sistemiche, come accadde nel 2008 negli Usa.
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