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Dai Dazi economici alle Sanzioni politiche

Da Trump a Biden, l'escalation americana


Nei confronti di Mosca, Trump aveva mantenuto la pressione ereditata dal passato, determinata in Ucraina dalla guerra civile in corso nel Donbass e dalla secessione della Crimea, ricongiuntasi alla Russia. Ma aveva ulteriormente aumentato la pressione, contemporaneamente su Mosca e su Berlino, per quanto riguarda il raddoppio del North Stream. La ulteriore dipendenza della Germania dal gas russo farebbe affluire a Mosca ancora maggiori risorse economiche e ne rafforzerebbe il peso geopolitico. I soldi, per Trump, sono alla base di tutti gli equilibri.

La Presidenza Biden sta cambiando registro.

Niente "NATO del Medioriente": sono subito trapelate le responsabilità della Casa saudita nell'omicidio ad Ankara di un oppositore, mettendo così una pietra di inciampo sul percorso di riconciliazione con Israele che Trump aveva favorito con i Patti di Abramo.
Biden ha poi alzato il tiro sulla Russia, badando di colpire il presidente Vladimir Putin: è un omicida, ha confermato nel corso di un'intervista, riferendosi al caso dell'avvelenamento dell'oppositore Alexeï Navalny. La risposta di Putin è stata sferzante: nel codice genetico delle élite americane c'è la sopraffazione, testimoniata sia dal genocidio dei nativi che dallo schiavismo nei confronti dei neri fatti venire dall'Africa. Che la violazione dei loro diritti prosegua ancora oggi è dimostrato dalle proteste sostenute con lo slogan "Black Lifes Matter". Insomma, Putin ha reso pan per focaccia ai Democratici, a coloro che tanto hanno fatto leva nella campagna elettorale contro Trump su questo movimento anti-suprematista.

Molto peggio è andato il primo incontro con la delegazione cinese. C'è stato un atteggiamento di supponenza da parte degli americani, che si sono presentati come i tutori dei diritti dei cittadini, delle regole di democrazia e dei principi del diritto internazionale che garantiscono la pace, rilevando che Pechino non fa altrettanto sul piano della dissidenza interna e dei rapporti con gli Stati più deboli. La reazione cinese è stata violentissima: la carta dell'ONU non prescrive un solo tipo di democrazia, tanto meno quella elettorale all'occidentale, ma la libertà di tutti i popoli di organizzarsi politicamente. Ed in Cina, tutto il popolo si riconosce nel Partito Comunista. Ancor meno, poi, si può accusare la Cina di reprimere le minoranze, quando è in America che queste manifestano inutilmente da anni per il rispetto dei propri diritti.
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