(Teleborsa) - Dopo lunghi mesi di anticipazioni, rivelazioni e pseudo-descrizioni, gli occhiali interattivi
Google Glass stanno per fare il proprio ingresso nell'harem dei gadget high tech.
Se il tanto atteso debutto - si parla di aprile - sarà un trionfo, però, è tutto da verificare, come spiega
Wired Italia che ha raccolto i pareri delle "più prestigiose penne del giornalismo tecnologico americano".
Ebbene,
quanto pare i decantati Glass hanno al momento più difetti che pregi: scarsa durata della batteria, poche applicazioni disponibili, qualità della ùfotocamera scarsa e prezzo troppo alto (si parla di 600 dollari al pezzo). Inoltre - e forse questo potrebbe rappresentare lo scoglio maggiore alla loro diffusione di massa - pur avendo un concept estetico senza dubbio ben studiato, non fanno sentire a proprio agio chi li indossa. Coloro che li hanno provati per un anno raccontano di essere stati sempre presi in giro o guardati per traverso da amici e parenti, al punto da sentirsi "imbecilli".
Ma i problemi non finiscono qui per Google. Si stanno infatti facendo strada il
GlassUp, "occhiali a realtà aumentata"
creati da una start-up 100% Made in Italy. Trattasi del progetto diventato realtà grazie al
crowdfunding - la
nuova frontiera dell'autofinanziamento - e alla tenacia del trio formato da Francesco Giartosio, che è anche Chief Executive del Gruppo, Andrea Tellatin e Giovanni Tregnaghi.
I GlassUp sono occhiali interfacciati agli smartphone via bluetooth che permettono di leggere i messaggi. Sono stati presentati al
CES di Las Vegas e ora attendono solo di sbarcare nei negozi di high tech ad un prezzo che si aggira attorno ai 300 euro.
CNET, in una recensione, scrive che non hanno tutte le caratteristiche che Google "vanta" per i suoi Glass, ma sono più economici e più "eye friendly", che tradotto suona "amici degli occhi", per il fatto che sono più grandi, e quindi più comodi.
Ovviamente le tempistiche di immissione sul mercato sono fondamentali: Giartosio & C. dovranno fare di tutto per precedere Google che, secondo
Motherboard, potrebbe nel frattempo giocarsi la carta della guerra dei marchi.
La partita è dunque più aperta che mai. Ma il sogno di aver prodotto con poche risorse qualcosa per cui il titano di Mountain View potrebbe invece aver speso milioni di dollari, già quello riempie di orgoglio.