(Teleborsa) - Il
presidente della BCE, Mario Draghi, prosegue la
sfida alla crisi economica che sta attanagliando il Vecchio Continente e
annuncia un ventaglio di misure cogliendo di sorpresa anche i più scettici e,
rispettando la promessa "la BCE farà tutto quanto necessario" per difendere la moneta unica.
Il numero uno dell'Eurotower annuncia una
serie di misure: tassi (repo, depositi e prestiti), acquisti asset (quantitative easing) e, una seconda operazione di lungo termine (LTRO). Nel dettaglio, è stato
tagliato il tasso principale di rifinanziamento al minimo storico da 0,05% a 0,0%, è stato
abbassato il tasso sui depositi bancari da -0,30% a -0,40% e, poi, il
tasso sui prestiti marginali è stato portato allo 0,25%. La BCE ha alzato
da 60 ad 80 miliardi al mese l'acquisto di bond attraverso il
QE, ed ha deciso di
avviare una serie di operazioni di lungo termine a 4 anni (LTRO bis), a partire dal mese di giugno 2016, per
garantire liquidità alle banche e di conseguenza alle imprese.
L'impegno di stimolare la crescita non è solo una sfida di Draghi, ma anche delle altre banche centrali mondiali alle prese con un
rallentamento economico globale.
Ieri la
banca centrale dell’Ungheria ha fatto sapere di essere
pronta a tagliare i tassi sui prestiti e quelli overnight per cercare di stimolare l’inflazione. Lo ha detto il vice presidente dell'istituto magiaro,
Marton Nagy, aggiungendo che il taglio potrebbe arrivare presto, nel corso dell'anno. I commenti di Nagy confermano un importante cambiamento nella politica monetaria della Banca centrale ungherese, in un momento in cui le banche centrali in Europa, compresa la BCE, stanno lottando per cercare di riaccendere l'inflazione. La banca centrale dell'Ungheria, terrà la sua
riunione sui tassi il prossimo 22 marzo.
Solo qualche settimana fa, la
Banca del Giappone ha inaspettatamente
adottato per la prima volta tassi d'interesse negativi. Un'altra mossa a sorpresa è stata annunciata sempre ieri, dalla
banca centrale neozelendase, che ha
tagliato i tassi d'interesse al minimo storico di 2,25%, innescando una netta correzione al ribasso della valuta locale. Delusi invece gli investitori dalla
banca centrale coreana che ha mantenuto ancora
invariato il costo del denaro. Sempre in Asia, la
People's Bank of China, a fine febbraio,
è
scesa nuovamente in campo per sostenere la seconda economia al mondo, il quinto intervento sui tassi dell'istituto negli ultimi 12 mesi, che però ancora
non dà pienamente i suoi frutti.
Ora gli investitori guardano all'
appuntamento di metà mese con la Federal Reserve che si riunirà per decidere quale direzione dare alla politica monetaria: se proseguire con un graduale rialzo dei tassi o attendere che siano passate le turbolenze sui mercati internazionali e si siano stabilizzati i prezzi delle commodities.