(Teleborsa) -
Segnali ancora incerti per la Cina, che si trova da
ormai diverso tempo in crisi, a causa di una
stagnazione della domanda interna e dell'export, che ha provocato un rallentamento della crescita e dell'inflazione.
Secondo gli ultimi dati dell'ufficio statistico,
l'inflazione a febbraio ha accelerato al 2,3%, il tasso più alto dal giugno 2014. I prezzi hanno poi registrato un aumento dell'1,8% su mese, grazie alla
fiammata dei generi alimentari, che hanno visto crescere i prezzi del 7,3% per effetto dei maggiori consumi per la festività del Capodanno lunare.
Al netto di questa componente volatile, l'inflazione si è attestata appena all'1%, un tasso ancora troppo basso per allontanare i timori di stagnazione.
Secondo gli esperti, poi, il dato va letto assieme a quello sui
prezzi alla produzione, che hanno evidenziato un
calo del 4,9%, superiore al 4,8% indicato dagli analisti.
I dati non allontanano la possibilità di
nuovi interventi espansivi della banca centrale, mentre altre autorità monetarie in Asia subiscono pressioni ed attendono il via per il lancio di nuove misure espansive.
La
banca centrale sudcoreana ha infatti annunciato stamattina
tassi invariati all'1,5% per il nono mese consecutivo, nonostante la debolezza dell'economia ed il forte calo registrato dall'export (-12,2%).