(Teleborsa) -
Serie A, stop o ripartenza? Se fino a qualche giorno fa a spegnere gli entusiasmi di quanti speravano in una ripresa ci aveva pensato il
Ministro dello Sport Spadafora, piuttosto scettico sull’ipotesi, nelle ultime ore lo scenario sembra cambiato.
“Impossibile dare una data certa per la ripresa”, sottolinea il Ministro ma
si lavora in questa direzione.“Mondo dorato” per eccellenza, almeno fino a che
Covid-19 irrompesse sulla scena con la forza di uno tsunami, cambiando tutti gli equilibri, anche il
calcio stavolta trema. Sì, perchè sono tante ancore le incognite da risolvere, anche per "l’azienda calcio" che in
Italia conta più o meno 1,4 milioni di tesserati ed altri 120.000 lavoratori che fanno parte dell’ambiente. Più che una questione di gioco, capire se
riattaccare o meno, la spina al campionato, è una imprescindibile
questione economica. E sembrerebbe che proprio in queste ore, il
calcio italiano sia finito nei radar dei private equity. Lo riporta il
Sole 24 Ore. A mettere gli occhi sulla Serie A un
gigante internazionale degli investimenti - già noto per gli investimenti nella Formula 1 e nel Sei Nazioni di rugby, che sta discutendo con la Lega Serie A per il
lancio di una iniziativa nel settore dei diritti tv, in grado di fornire per i prossimi dieci anni un flusso di liquidità alle società di calcio.Si tratta del gruppo
Cvc che avrebbe avviato discussioni preliminari per presentare una proposta, al momento ancora in fase embrionale con l’obiettivo di costituire una newco dove confluirebbero i
diritti tv a partire dal 2021, quando cioè
scadrà il contratto con Sky e Dazn.
“L’accordo potrebbe valere dieci anni – scrive il quotidiano economico – e resta da capire quanto potrebbe essere valutata la newco e quali saranno le regole di governance. La Lega calcio (e quindi le società) avrebbero comunque
subito un importante incasso cash. Poi la newco andrebbe a trattare con i broadcaster per la rivendita dei diritti”.Un' iniziativa, dunque, di lungo termine che andrà comunque misurata con i dettami della
Legge Melandri che obbliga al bando per i diritti per il prossimo triennio il cui timing risulta
ritardato rispetto alle intenzioni iniziali dei vertici della Lega.