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Defence Tech, Gisondi: cybersecurity è geopolitica. In Borsa per sfondare nel mondo corporate

L'intervista a Teleborsa di Emilio Gisondi, amministratore delegato del gruppo attivo nel settore della cybersecurity, dei big data, dell'intelligence, dello spazio e della difesa

Finanza, IPO
Defence Tech, Gisondi: cybersecurity è geopolitica. In Borsa per sfondare nel mondo corporate
(Teleborsa) - Il mondo della cybersecurity ha smesso di essere un mercato dove dominano solo le specifiche tecniche dei prodotti e le capacità commerciali delle aziende e ha assunto sempre più le sembianze di un'arena dove contano gli interessi geopolitici e gli sforzi per la sovranità tecnologica. Ed è proprio da questa consapevolezza che si è sviluppata la crescita di Defence Tech, una realtà italiana che realizza prodotti e tecnologie abilitanti per la sicurezza nazionale, con particolare attenzione alla cybersecurity, allo spazio e alla difesa. Dopo aver raccolto 25 milioni di euro, il gruppo sbarca il 29 ottobre su Euronext Growth Milan con l'obiettivo di accelerare la crescita e diventare il punto di riferimento "nello sviluppo di tecnologie italiane da utilizzare per proteggere il perimetro di cybersecurity nazionale, inteso sia governativo che delle primarie aziende corporate, ovvero aziende non solo di successo ma anche di valore per il sistema Paese", ha detto l'amministratore delegato Emilio Gisondi in un'intervista a Teleborsa. Defence Tech è già oggi un attore importante nel mondo governativo, tanto che è soggetto alla Golden Power. Inoltre, tra i suoi clienti ci sono le tre forze armate italiane (Aeronautica, Esercito e Marina), il Ministero della Difesa e la Presidenza del Consiglio, con quasi l'80% del fatturato che proviene da soggetti pubblici. L'IPO servirà però, soprattutto, per una maggiore spinta commerciale sul lato corporate, a fare nuove acquisizioni e investire ancora di più in ricerca e sviluppo, il vero asset del gruppo.

Come è nata Defence Tech Holding e che posto occupate oggi nel vostro settore?

"Nel 2017 quando siamo partiti, insieme al presidente Aurelio Regina, l'obiettivo era di creare un hub di eccellenze italiane nel campo della difesa e della sicurezza nazionale. L'abbiamo fatto attraverso un processo di acquisizioni: oggi il gruppo è formato da Next, Donexit e FoRaMil, tre aziende complementari che abbiamo saputo valorizzare sia in termini di ricavi che in termini di EBITDA e posizionamento sul mercato.

Nel nostro settore rappresentiamo quasi un'unicità nel panorama nazionale, perché siamo un'azienda con tecnologie proprietarie; se facciamo un'analisi competitiva emerge solo un principale competitor (il riferimento è a Cy4gate, quotato dal 2020 sull'ex AIM, ndr), anche se ci sono differenze sostanziali. È logico che questo attore è stato un apripista nel mercato, e nel frattempo c'è stato anche un processo culturale molto importante di consapevolezza. È emersa sempre più la convinzione che il mondo della cybersecurity non vada affrontato solamente integrando tecnologie di terze parti, ma valutando se queste tecnologie siano "sicure" non solo da un punto di vista tecnico, ma anche da un punto di vista geopolitico, cioè se dietro a queste tecnologie non si nasconda da parte di Paesi esteri anche la volontà di carpire informazioni che possono essere utili nel mondo dell'intelligence e della geopolitica.

È cresciuta quindi la consapevolezza che la cybersecurity non si possa più affrontare solo da un punto di vista commerciale, ma anche dal punto di vista della sovranità delle tecnologie e dei dati. Se gli Stati UE continueranno a puntare su quella che è la difesa unica europea, sempre di più i singoli Paesi continueranno a investire sulla loro sovranità tecnologica. Avere o meno tecnologie cambia il potere geopolitico di un Paese, e questo ormai è consapevolezza non solo nel mondo degli addetti ai lavori, ma anche sui mercati finanziari, che investono in quei Paesi e in quelle aziende dove questo diventa un processo virtuoso".

Che cosa rappresenta per voi la nascita, avvenuta questa estate, dell'Agenzia Nazionale per la Cyber Security?

"L'Agenzia Nazionale per la Cyber Security nasce in un contesto italiano che vuole regolare ancora di più il settore. Guardiamo all'agenzia con grande interesse e la vediamo come chi a livello nazionale detterà le strategie della cybersecurity. Vorremmo stabilire da subito con loro un programma di crescita insieme e vediamo quindi con grande interesse un partenariato pubblico-privato, che credo sia di reciproca convenienza. La collaborazione tra un’agenzia pubblica e un'azienda che viene dal mondo governativo è nella naturale crescita sia del nostro gruppo che dell'agenzia stessa. Inoltre, l'agenzia rappresenta una formidabile opportunità di poter crescere nel mercato corporate, perché l'agenzia farà da attore privilegiato rispetto ai temi nazionali e tenderà a prediligere le tecnologie nazionali rispetto a quelle estere, a parità di merito tecnico".

Nel mondo corporate voi però già ci lavorate, con importanti clienti come Leonardo, Fincantieri, Avio, ThalesAlenia, Alstom-Bombardier. In che modo?

"Col mondo corporate italiano è nata la storia del gruppo nell'ambito dei sistemi elettronici per la difesa, mentre nella cyber security siamo un'azienda che già lavora col governo. L'esperienza col mondo corporate italiano nei settori dell'aerospazio e della difesa è stata per noi motivo di crescita, perché lavorando su task di ingegneria di programmi nazionali e internazionali ci siamo formati e abbiamo formato il nostro know-how d'eccellenza. La nostra intuizione, arrivati a un certo punto di crescita, è stata di dire: vanno bene le attività di task di ingegneria sui grandi attori, ma immaginiamo il salto di qualità, cioè che diventino nostre tecnologie proprietarie. Quel know-how che era a disposizione per i task dei clienti istituzionali, oggi è diventato il know-how a disposizione dell'azienda per la creazione di una linea proprietaria di prodotti per un mondo che trattiamo in maniera diretta, cioè quello dell'intelligence governativa".

Quali sono i prodotti che pesano di più sul vostro fatturato e quelli invece per i quali vedete più spazio di crescita?

"Sul mercato corporate italiano i sistemi di security communication e di data intelligence sono sicuramente i prodotti su cui stiamo puntando in maniera diretta perché già sul mercato, ma dal primo trimestre del 2022 saranno disponibili nuovi prodotti della cybersecurity, intesi come software proprietari che per noi saranno un salto di qualità non solo in termini di ricavi ma proprio di tecnologia. Questi faranno compiere un passo avanti importante in termini di qualità e quantità al fatturato del mondo corporate, su cui noi abbiamo basato un'accelerazione che sarà perseguita anche con un piano di M&A di tecnologie proprietarie italiane. Tutto ciò sarà spinto della nostra quotazione in Borsa".

Quanto è importante per voi la ricerca e sviluppo?

"La ricerca e sviluppo è il motore fondamentale del nostro core business. I nostri investimenti sono sempre stati auto-finanziati, anche perché abbiamo partecipato solo a programmi di ricerca militare. Quindi questi investimenti, anche per la riservatezza e la classifica con cui lavoriamo, sono stati sempre interni. Oltre alla parte di capitale umano, con la quotazione in Borsa la vera novità è che investiremo in una serie di laboratori, detti di validazione, dove faremo la creazione di nuove tecnologie. Ci sarà un'azienda dove chi entrerà nei nostri uffici si accorgerà di essere in un mondo tecnologico e all'avanguardia, e non sicuramente in una società di consulenza. Chiunque entrerà si accorgerà di mettere piede in una fabbrica del software dove ci sono milioni di righe di codice che nascondono nuovi prodotti proprietari".

Che tipo di profili impiegate e dove li selezionate?

"Il 60% dei nostri dipendenti sono ingeneri nelle varie accezioni: telecomunicazioni, informatica, elettronica, aerospazio. La prima parte del nostro processo di selezione parte dalle collaborazioni strettissime col mondo accademico, grazie a convenzioni che ci permettono di individuare dei profili nei laureandi, a cui molte volte affidiamo anche il lavoro di tesi di laurea o tirocini. Per noi è essenziale che un laureando acquisisca, ancora prima di venire da noi, quelle che sono le caratteristiche fondamentali per lavorare in un'azienda divenuta strategica per la sicurezza nazionale. L'ingresso delle nuove persone non è valutato esclusivamente dal punto di vista tecnico, ma c’è una valutazione sulla personalità e non solo.

Il mondo accademico è il nostro principale mezzo per acquisire giovani talenti, anche perché oggi non puoi andare sul mercato e pensare che persone laureate 10-15 anni fa abbiamo nuovi fattori conoscitivi sulla cybersecurity, perché fino a 10 anni non si sapeva nemmeno cos'era in ambito universitario. Quindi è grazie ai giovani talenti che facciamo l'upgrade del nostro know-how e siamo per i giovani talenti oggi anche un target, perché oggettivamente è difficile in Italia trovare un'azienda con livelli di specificità come i nostri e dove possono lavorare su tecnologie proprietarie che poi ritrovano su prodotti che finiscono sul mercato".

Perché avete deciso di quotarvi ora in Borsa e quali sono i vostri obiettivi?

"Abbiamo identificato dei razionali fondamentali per l'IPO. Il primo è un'accelerazione sui prodotti e le tecnologie, quindi anticipare l'uscita di alcuni prodotti sul mercato corporate, che per noi diventa sempre più di riferimento rispetto a quello governativo. Oggi il mondo delle aziende mostra infatti grande domanda per mettere in sicurezza parti importanti delle loro strutture. Il secondo è completare un percorso di M&A che implementi il target di prodotti proprietari che già abbiamo e che completi il ciclo virtuoso che ci vede diventare l'attrattore di PMI innovative e di spin-off universitari, oltre che il loro private-banking per investire. Vogliamo dare vita a una vera e propria filiera sfruttando le nostre capacità, oggi tecnologiche e domani anche d'investimento di capitali importanti. Il terzo è la creazione di una task-force di vendita per il mercato corporate, che noi vediamo sempre di più come il mercato di riferimento per una parte importante dei nostri prodotti, i quali andranno a sostituire quei prodotti di uso commerciale che è evidente a tutti non hanno delle grandi performance. Il quarto è il posizionamento del brand rispetto ai temi della comunicazione e promozione, che fino a quando siamo stati nel mondo governativo non sono mai stati un elemento del nostro marketing mix: oggettivamente quando sei nel mondo governativo non hai bisogno di fare attività di comunicazione, mentre oggi posizionare il brand significa anche attirare talenti e uscire dal mondo estremamente autoreferenziale dove siamo stati finora".

Nel vostro percorso di crescita è compresa l'espansione all'estero?

"L'espansione all'estero la guardiamo con interesse, dopo però aver raggiunto un certo posizionamento nel mercato italiano nei prossimi due anni. Oggi la partita è nazionale, ma questo non toglie che possiamo andare in quei Paesi dove ci sono già accordi bilaterali con l'Italia. Si tratta della fase due del nostro piano industriale dal punto di vista strategico, ma è chiaro che in quei Paesi ci andremo attraverso le istituzioni italiane e non con una rete commerciale nostra. Lì potremo poi vendere il nostro arsenale tecnologico a Paesi cosiddetti amici, con i quali lo Stato italiano ha già stretto accordi".
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