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Ddl Autonomia, Anief: vigiliamo sui Lep, meglio escludere l’Istruzione

Economia
Ddl Autonomia, Anief: vigiliamo sui Lep, meglio escludere l’Istruzione
(Teleborsa) - “Bisogna vigilare sui livelli essenziali di prestazione e per comunque per noi l'attuale sistema nazionale di istruzione non né può essere stravolto, perché l’impianto deve rimanere nazionale come dice la Costituzione”: è il commento di Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief, alla decisione del Governo di esaminare oggi i dieci articoli che delineano l’autonomia differenziata delle Regioni a statuto ordinario, il cosiddetto disegno di legge Calderoli, con cui si intende portare l’attribuzione alle Regioni a statuto ordinario di ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia in attuazione dell’articolo 116, terzo comma, della Costituzione, nonché le relative modalità procedurali di approvazione delle intese fra lo Stato e una Regione.

Dopo il pre-consiglio odierno, giovedì il testo dovrebbe passare all’esame completo del Consiglio dei ministri. Nell'ultima bozza del ddl è previsto che i livelli essenziali delle prestazioni siano determinati da decreti del presidente del Consiglio.

Anief ribadisce tutta la sua contrarietà all’autonomia differenziata: il giovane sindacato ritiene che le norme che hanno un impatto sul sistema nazionale di istruzione, formazione e ricerca debbano essere stralciate, perché le Regioni italiane non sono in grado di garantire Lep omogenei, a partire dal servizio dell'Istruzione pubblica, unico strumento rimasto in mano allo Stato italiano per realizzare il principio di uguaglianza sostanziale alla base della nostra Costituzione.

“Il progetto di regionalizzazione – sostiene il presidente Anief – deve in via preliminare affrontare il tema della questione meridionale, attraverso una commissione di inchiesta parlamentare che indaghi sul perché dall'Unità di Italia ad oggi si è proceduto e comunque si è realizzata una differenziazione di livelli essenziali di prestazione, i Lep, da parte dello Stato nelle diverse aree del Paese. Sono gli stessi livelli che oggi si vorrebbero come punto di partenza per garantire la parità di trattamento tra cittadini”.

Il rischio di incrementare il gap territoriale sugli apprendimenti rimane altissimo. Ma anche di andare a produrre discriminazione ulteriori tra il personale, con la possibile approvazione di nuovi “vincoli pluriennali per stabilizzare gli organici della scuola”: in tal caso, si produrrebbero altri vincoli agli spostamenti del personale andando a determinare un ulteriore vuoto di cattedre e posti Ata in determinate regioni. “L’obbligo a rimanere per svariati anni in una provincia - continua Pacifico – non è la risposta per incentivare la continuità didattica: questa, si raggiunge con le indennità di sede e di trasferta. Oltre che rimborsando i docenti costretti a spostarsi di tanti chilometri per raggiungere la scuola dove si è stati assegnati spesso da un algoritmo ‘impazzito’ e tutt’altro che trasparente. Invece di dare la possibilità ai vincitori di concorso di spostarsi liberamente sulla totalità dei posti vacanti, si bloccano le persone sopprimendo il diritto alla famiglia”, conclude il sindacalista autonomo.





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