(Teleborsa) - Il ministro delle Imprese e del Made in Italy,
Adolfo Urso, si è detto "disposto a riflettere partendo sulla realtà" in merito alla possibilità di introdurre la
settimana lavorativa di 4 giorni proposta dal segretario generale della Cgil
Maurizio Landini. "Tutto va messo in sintonia con una saggia politica industriale con l'obiettivo di aumentare produttività e occupazione", ha precisato il ministro in un'intervista a La Stampa.
"Dipende dalle condizioni del Paese - ha aggiunto-. Abbiamo dei punti di forza e dei punti di debolezza. Di fatto l'occupazione nel nostro Paese è concentrata nel
Nord invece è molto bassa al
Sud e tra le
donne dove dobbiamo concentrare gli investimenti. Se noi oggi dovessimo fare una misura di questo tipo, dobbiamo stare attenti che non diventi un incentivo all'emigrazione interna verso le grandi fabbriche del Nord che possono fare di più su questo fronte. Comunque lavoriamoci senza pregiudizi".
Il ministro Urso ha poi parlato delle sfide che attendono l'Italia nel prossimo futuro. "La prima
alleanza deve senz'altro essere con il sistema Italia, con imprese e sindacati. La seconda alleanza con i grandi Paesi industriali di Europa, innanzitutto con
Francia e
Germania". All'Ue, l'Italia chiede sostanzialmente tre cose: "A fronte della richiesta tedesca e francese di rivedere gli
aiuti di Stato per avere più celerità e più flessibilità, noi abbiamo detto che si può fare a patto che sia un intervento temporaneo in una logica complessiva di solidarietà per tener conto delle esigenze di chi non può, non solo dell'Italia".
Per rendere possibile una politica industriale europea - ha affermato poi il ministro - "c'è bisogno che siano rese flessibili tutte le risorse già oggi in campo, quelle del
PNRR, del
Repower Eu e anche dei fondi di coesione. Risorse che è possibile reindirizzare da subito su quello che serve". In più "dobbiamo creare uno strumento nuovo, un
fondo sovrano europeo per realizzare in prospettiva una autonomia strategica europea sulle materie prime critiche, che in gran parte sono in mano ad altri, per lo più alla
Cina". Questo per evitare di cadere "dalla dipendenza energetica dalla
Russia, che stiamo scontando - sottolinea - alla dipendenza tecnologica dalla Cina. Che non ci possiamo permettere".