(Teleborsa) - Con la sentenza n. 8962 del 17 novembre 2025
il Consiglio di Stato ha rigettato le tesi dell'Associazione Tributaristi LAPET relative alla pretesa illegittimità della normativa che abilita ad apporre alle dichiarazioni dei redditi e IVA il visto di conformità. In particolare, ad avviso dell'associazione LAPET, sarebbe stata illegittima la riserva di legge dell'abilitazione al rilascio del visto di conformità a favore delle categorie professionali abilitate. Lo rende noto il
Consiglio nazionale dei commercialisti, il quale era intervenuto ad opponendum nel giudizio promosso dalla LAPET.
Facendo seguito alla decisione adottata dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 144 del 2024 – che aveva già dichiarato non fondate le questioni sollevate dalla LAPET –,
il Consiglio di Stato ha anzitutto ribadito
l'impraticabilità di una interpretazione estensiva della norma in materia di soggetti abilitati all'apposizione del visto di conformità, atteso il "carattere tassativo dell'elencazione delle categorie abilitate al rilascio del visto di conformità, previste dal combinato disposto degli artt. 35, comma 3, del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, e 3, comma 3, del DPR 22 luglio 1998, n. 322", in ragione del quale non risulta "consentita alcuna integrazione in via interpretativa".
Il
Consiglio di Stato ha anche ribadito che, alla luce della sentenza della Corte costituzionale, "la riserva di legge nazionale del rilascio del visto di conformità in favore alle professioni ordinistiche tassativamente individuate" si fonda su "ragioni di interesse pubblico, riconducibili "all'accertata ontologica differenza tra professioni ordinistiche e professioni che tali non sono".
Di conseguenza, ad avviso del Consiglio di Stato, si deve escludere che "la
riserva legislativa del rilascio del visto di conformità sia discriminatoria nei confronti dei tributaristi, nella misura in cui essa è una professione non ordinistica, soggetta ad un trattamento normativo su base nazionale non assimilabile a quello delle professioni "ordinistiche". A quest'ultimo riguardo sono stati considerati decisivi i profili dell'affidabilità delle prestazioni rispetto alle esigenze riferibili all'attività pubblicistica di controllo delle dichiarazioni dei redditi; della vigilanza sul rispetto delle norme di deontologia professionale; ed inoltre dell'accesso regolamentato per legge alla professione, mediante esame di abilitazione".
Per il
presidente del Consiglio nazionale dei commercialisti, Elbano de Nuccio, la sentenza del Consiglio di Stato "conferma con chiarezza un principio essenziale per la tutela dell'interesse pubblico: il visto di conformità è un presidio che richiede competenze qualificate, responsabilità rigorose e un sistema di vigilanza strutturato. La decisione ribadisce il valore della nostra professione nel garantire affidabilità, controllo e correttezza nell'interlocuzione con l'amministrazione finanziaria".
"il pronunciamento – aggiunge de Nuccio
– rafforza il ruolo dei dottori commercialisti e degli esperti contabili nel sistema tributario e riconosce la funzione che la nostra categoria svolge a tutela dei contribuenti e dell'efficienza dei controlli. il consiglio nazionale prosegue con impegno nel presidiare
la qualità delle prestazioni professionali e nel contribuire al buon andamento del sistema fiscale ed è sempre dalla parte degli iscritti e del paese".