(Teleborsa) -
"Non c’è dubbio che i nostri conti pubblici appaiano oggi decisamente più solidi ed affidabili rispetto ad un passato neanche troppo lontano. E questa solidità è ben testimoniata dalla prevista chiusura anticipata della procedura di infrazione per deficit eccessivo, dal nostro avanzo primario ormai consolidato, nonché dal miglioramento del giudizio di tutte le Agenzie di Rating". Lo sottolinea
l'economista Andrea Ferretti spiegando che "tuttavia, questa necessità di consolidare i conti pubblici per rafforzare la fiducia nel sistema Italia non ha permesso di attivare stimoli finanziari “booster” in grado di imprimere all’economia accelerazioni immediate. Di conseguenza, un forte riflettore è stato acceso sulle prospettive di crescita del PIL italiano che, anche secondo le previsioni d’Autunno della Commissione Europea, appaiono più modeste rispetto alla media dell’Eurozona. Dunque,
non certo una situazione da allarme rosso, ma sicuramente un dato da tener presente e sul quale intervenire".E - prosegue Ferretti -
"una delle direttrici più interessanti su cui
muoversi per dare impulso alla nostra crescita in maniera strutturale e non attraverso stimoli fugaci subito riassorbibili è proprio quella che riguarda l’export del Made in Italy. Lo dimostrano i dati stessi: nel 2024 il nostro export ha raggiunto i 625 mld circa (+34% rispetto al periodo pre pandemico); nei primi dieci mesi del 2025 l’export italiano è cresciuto del 3,4% rispetto allo stesso periodo del 2024 (molto meglio di Germania e Francia);
il nostro surplus commerciale è passato dai 35 mld del 2023 ai 55 mld del 2024"."Tuttavia, il punto fondamentale è che rispetto al passato la partita dell’export è diventata molto più complessa. Infatti, i dazi imposti da Trump non solo hanno colpito direttamente e con diversa intensità i diversi Paesi, ma, soprattutto, hanno iniettato il virus dell’incertezza in un delicato sistema di vasi comunicanti alterandone così tutti gli equilibri interni. In questo scenario, per l’Italia, particolarmente esposta verso gli USA, due aspetti diventano fondamentali: la diversificazione dei mercati target e la creazione di una “filiera allungata”.
Per quanto riguarda il primo punto, appare ormai indispensabile per le
nostre aziende esportatrici uscire dalla confort zone costituita dai tradizionali mercati di sbocco per puntare con decisione su nuovi Paesi".In quest’ottica - sottolinea ancora l'economista - "
SACE, l’Export Credit Agency partecipata dal Ministero dell’Economia, ha individuato, una decina di “Mercati del futuro”, selezionati tra i mercati prioritari del Piano per Export, ossia Paesi con elevato potenziale di sviluppo in grado di accogliere quote crescenti del nostro export. Tra questi primeggiano, ad esempio, Emirati ed Arabia Saudita che hanno evidenziato negli ultimi 15 anni tassi di crescita medi annui dell’export italiano del 5,7% e del 6,2%, ma anche paesi asiatici, qu
ali Corea del Sud, Singapore e Malaysia oltre, naturalmente a Cina ed India. Da non trascurare poi, Paesi africani quali Algeria e Marocco che rientrano nell’Africa Champion Program, un progetto varato da SACE per supportare le imprese italiane nella conclusione di accordi commerciali con le controparti africane. Inoltre,
è importante sottolineare che l’impegno di SACE volto a favorire l’inserimento delle nostre aziende in questi mercati ad alta potenzialità deriva anche dal fatto che si tratta di Paesi “affamati” non solo del made in Italy tradizionale, ma anche di un export ad alta intensità tecnologica che può riguardare il settore aereo spaziale, la robotica, il settore dell’agritech, nonché lo smart building caratterizzato da elevati standard ambientali".
Il secondo punto
"riguarda invece il fatto che la descritta necessità di individuare nuove rotte per il nostro export si scontra con uno scenario geo politico di rara incertezza ed in continua evoluzione. In questo contesto la classica filiera costituita da aziende leader e dalle PMI deve subire una modifica genetica che la trasformi in una sorta di filiera allungata che vada a comprendere oltre alle aziende produttive, quegli organismi istituzionali in grado di supportare le aziende in tutto il processo di internazionalizzazione quali CdP, SIMEST, ICE e SACE. Senza, ovviamente, escludere da questa filiera allungata il supporto offerto dalle nostre rappresentanze diplomatiche
all’estero. In questo contesto, ad esempio,
SACE sta andando oltre i tradizionali interventi di natura finanziaria-assicurativa sull’export. Infatti, partendo da un’ampia fase di ascolto di oltre 300 aziende italiane esportatrici, ha intensificato gli sforzi, in coordinamento con gli altri soggetti del Sistema Italia, per far conoscere alle nostre imprese
i mercati di sbocco ad alta potenzialità e per favorire il business matching anche grazie alla rete degli uffici di rappresentanza situati all’estero".
Conclude Ferretti: "E se effettivamente le nostre aziende, grazie alla
“filiera allungata”, riusciranno a diversificare progressivamente i Paesi di sbocco, l’auspicio del ministro Tajani di raggiungere nei prossimi anni i
700 mld di export sarà un obiettivo del tutto realizzabile"