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Le tediose chiacchiere sui giovani

Fioriscono le proposte pseudo-tecniche per affrontare il problema del lavoro.



Il Commissario Andor ricorda anche che, nell'ultimo anno, la Commissione e i governi dei paesi membri hanno lavorato ad una redistribuzione dei fondi strutturali, definendo le procedure per accelerare l'erogazione e redistribuzione dei finanziamenti quantificati in 16 miliardi di euro a vantaggio di 780 mila giovani e 55 mila piccole e medie imprese. Andor cita infine un'altra iniziativa presentata al Consiglio europeo di febbraio alla quale sarebbero stati assegnati 6 miliardi per il periodo 2014-2020.

Tutto bene? Apparentemente si, ma un semplice colpo d'occhio sulle cifre citate ci fa capire che se servono 16 miliardi per garantire l'occupazione a 780 mila giovani (10,4% del totale da garantire), ne servirebbero almeno altri 140 miliardi circa anche se Andor nello scritto citato non precisa se sta parlando solo dei fondi provenienti dal bilancio comunitario o anche di quelli dei paesi membri.

E che dire dei 6 miliardi aggiuntivi nelle Prospettive finanziarie ancora da approvare? Come che sia, si tratta di una cifra pari al 15% del risorse del bilancio comunitario 2014-2020 - come noto bocciato dal Parlamento europeo perché prevedeva un taglio di 70 miliardi - rispetto ai 90 richiesti dalla Gran Bretagna - proprio nel momento in cui l'economia europea attraversa una dura recessione sul fianco SUD. Ecco perché bisogna puntare all'approccio globale e lasciare da parte quello puntuale e gradualista. Non che questo sia inutile, ma se non si riesce a rilanciare la crescita a livello generale le politiche settoriali non ce la fanno anche perché non trovano le risorse necessarie. Se l'economia privata è bloccata per via delle misure recessive adottate negli ultimi due anni solo l'operatore pubblico può imprimere una spinta a tutto il sistema in modo che subito dopo il mercato si rimetta in moto e l'economia privata vada avanti da sola.

A fronte di continue proposte di riduzione del cuneo fiscale e contributivo alcuni colleghi economisti si preoccupano delle coperture e della sostenibilità del sistema pensionistico e del welfare a medio-lungo termine. Ma c'è un nesso anche tra welfare e crescita e la riduzione del primo ridurrebbe anche il potenziale di crescita. È vero abbiamo un problema serio di disoccupazione giovanile ma c'è anche quella degli adulti (donne e uomini anche con figli a carico): tre milioni di disoccupati, 6 milioni se consideriamo anche tutti gli scoraggiati.

In una situazione di recessione, con la Germania che continua ad accumulare avanzi nella sua bilancia commerciale, con l'euro sopravvalutato che neutralizza la domanda extracomunitaria, serve un forte rilancio della domanda interna soprattutto di investimenti pubblici e privati. Da diversi anni ci sono le condizioni permissive di politica monetaria ma c'è tuttavia la stretta creditizia e la ripresa non arriva. La politica monetaria risulta inefficace non solo perché i tassi sono prossimi allo zero. Bisogna agire dal lato della politica fiscale e finanziaria.

La vera deroga che bisogna chiedere a Bruxelles è la regola d'oro: tenere fuori dall'equilibrio di bilancio a medio termine gli investimenti direttamente produttivi e indebitarsi di 2-3 punti di PIL per spingere l'economia su una crescita sostenuta e sostenibile. Il vincolo più stringente è sul deficit e non sul debito. Con l'economia in fase espansiva e politica monetaria accomodante non servono neanche le riduzioni di questa o quella imposta e/o dei contributi sociali delle imprese perché per loro diventerebbe più facile trasferirle in avanti. Se questo lo avesse fatto Monti 18 mesi fa non saremmo in queste condizioni di emergenza sociale.
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